Hanno lasciato la scena come Bugo a Sanremo e non perché hanno litigato, ma perché si sono spaventate. Mattia Santori e le altre sardine leader sono infatti rimaste a Bologna quando tutti, ieri, le attendevano a Roma, a piazza Sant'Apostoli, che avevano convocato (ancora), ma che hanno disertato quando hanno temuto di non riempirla. Ed è stata, verso i romani, un po' «una maleducazione/la brutta figura di ieri sera», l'assenza che è apparsa più che strategica e che di certo è stata pianificata, e comunicata, solo quaranta minuti prima dell'inizio, quando la piazza, malgrado il clima primaverile, era troppo vuota e faceva sembrare un ricordo quella precedente di piazza San Giovanni.
Con una giustificazione da rappresentanti delle nazioni unite, «le Sardine sono rimaste a Bologna per preparare un sit-in a favore dello studente Patrick Zaki, lo studente prigioniero nelle carceri egiziane», Santori ha lasciato la parte di Morgan a Jasmine Cristallo («Le nostre piazze non sono state riempite dai bus» e la polemica era con i 5s) e a Lorenzo Donnoli che si è presentato ai giornalisti proprio con gli stessi occhiali del cantautore, occhiali da maledetto, da divo. Ormai si è calato nella parte. E avrebbe fatto girare la testa a qualsiasi artista quel palco che è stato il pretesto della discordia tra M5s e Sardine.
«Chi lo paga?», ha chiesto Stefano Buffagni, uomo nuovo del Movimento. «Lo paga forse Benetton?», ha scritto nel pomeriggio. Settanta metri quadrati, lungo 13 metri e con una potenza audio da 10 mila watt (fanno sapere che è costato 2800 euro) davvero, come ha detto Buffagni, somigliava «a un palco da U2» e poco aveva della semplicità che Mario, dirigente in pensione della Piaggio, mostrava quando si è messo a piangere, lacrime vere, «io ci credo in loro e piango perché non voglio che mi deludano. Perché tutta questa televisione. Perché?». Ha un figlio che oggi milita nei 5s che sono stati il vero bersaglio di ieri delle sardine e non solo per la ragione che, proprio nella stessa piazza, il M5s aveva sfilato ventiquattro ore prima, ma perché uno vede nell'altro quello che era e l'altro vede quello che spera di essere.
Neppure l'opposizione ha mai bastonato Di Maio come ha fatto Donnoli che gli ha dato del ministro «indecente», e ancora «è impegnato a farsi i selfie, si occupa di sciocchezze anziché di Giulio Regeni e Zaki», «il M5s è adesso un piccolo partito che fa buffonate». No, non ha detto solo questo. Ha detto pure che Di Maio «è vergognosamente scarso come ministro». E per la prima volta, in piena estasi, ha criticato La Repubblica, («Hanno sbagliato il titolo su di noi») quotidiano sul quale hanno la libertà di pubblicare lettere sarchiapone, minchiate di successo, che sono classici come «l'Erasmus Nord-Sud Italia», «il dialetto napoletano deve avere lo stesso valore della lingua inglese» (lo hanno detto sempre a Piazza Pulita) o «siamo erotici romantici». È questa la frase che ha convinto Alessandro Cecchi Paone ad accorrere. Non ha più perplessità: «Io amo le sardine, amo la loro lingua. Amo Santori». Per fortuna non si sono visti corpi unirsi in amplessi come nel film di Michelangelo Antonioni, Zabriskie Point. Si è visto invece Vauro, ma ha dichiarato che passava per caso e che così si è fermato. Perfino lui, non era tanto convinto di partecipare.
L'età media era sempre quota 70, pensionati, nonni, che si sono emozionati quando ha preso la parola il partigiano di 96 anni, Massimo Pradella e quando si è intonato Bella Ciao (aridaje).
Certo, hanno criticato Matteo Salvini e i suoi decreti sicurezza, ma, così come con i grillini, hanno preferito spostare e colpire Giorgia Meloni, che secondo la presidente della Casa delle Donne, sardina guest star, «è leader di un partito fascista». Altre idee non si sono ascoltate, eccetto la musica che a quel punto disturbava già i residenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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