“Il tema dell’utero in affitto non è in discussione”. “Il ddl Cirinnà non apre alla maternità surrogata”. Sono i mantra che la sinistra continua a ripetere per rabbonire l’opinione pubblica e cercare di far passare le unioni civili comprese di stepchild adoption. Peccato che il mondo di intellettuali cui fa riferimento la sinistra radical chic si stia già muovendo per spianare la strada all’utero in affitto, grazie alla vetrina offerta dal settimanale l’Espresso a scrittori come Roberto Saviano e Michela Murgia.
Secondo Saviano la contrapposizione tra naturale e artificiale ormai non ha più ragion d’essere in quanto“essendo l’uomo un prodotto di natura, tutto ciò che crea è a sua volta naturale”. Partendo da questo assunto dovremmo dedurre che anche la costruzione di una centrale nucleare è un qualcosa di assolutamente naturale e, allora, perché vietarla se è ammessa anche in altri Paesi europei? No, la deduzione che fa Saviano non è questa. Per lo scrittore campano è un errore concepire la fecondazione assistita o la maternità surrogata un qualcosa di artificiale dal momento che anche le cure usate per portare a termine una gravidanza difficile sono esse stesse artificiali.
È lo stesso scrittore a precisare nel rigo successivo che la sua è soltanto una provocazione e che il suo unico intento è quello di dire che “avere un figlio diventa un diritto solo in presenza di un divieto espresso, di una oggettiva difficoltà che può sperimentare chiunque”. E ancora: “Avere un figlio non è un dovere, ma un piacere che nessuno può vedersi negato. Tantomeno se a vietarlo sono preconcetti e disinformazione”. A questo punto ci permettiamo sommessamente di dire a Saviano che un conto è usare “l’artificiale” per salvare una donna da una gravidanza difficile, un altro è generare una vita umana in laboratorio, con tutti i rischi legati alla bioetica che questo comporta. E aggiungiamo che avere un figlio non può mai essere né un diritto né un dovere ma soltanto un privilegio. E tantomeno può essere considerato “un piacere” innegabile per tutti perché un figlio comporta delle responsabilità. Se dovessimo basarci sulla logica del piacere allora dovremmo stabilire per legge che ogni single ha diritto ad avere una donna con cui trastullarsi come, dove e quando vuole.
E ci permettiamo sommessamente anche di confutare la teoria secondo cui coloro che sono contrari alla fecondazione assistita e alla maternità surrogata siano in contaddizione con sé stessi perché sono contrari a qualsiasi forma di eutanasia come nel caso di Piero Welby. Ma prima bisogna addentrarci un attimo anche nel ragionamento fatto pochi giorni fa dalla scrittice sarda. La Murgia, sempre dalle colonne dell’Espresso, in un lungo ed elaborato saggio, ha sostenuto che è scorretto parlare di “maternità surrogata” e che l’espressione corretta dovrebbe essere “gravidanza surrogata” perché il fatto stesso che una donna partorisca non implica che voglia essere pure madre. Insomma si deve distinguere tra la donna-forno e la donna-mamma. Una teoria che supererebbe persino la miglior neolingua orwelliana ma è importante capire questa distinzione per vedere fino a che punto vale per questi intellettuali la vita umana. Se ha un valore infinito allora ha senso adoperarsi fino all’ultimo secondo utile per salvare qualsiasi vita, anche quello di Piero Welby che era segnata. Se non ha prezzo, allora è sbagliato quantificarla economicamente pagando una donna perché affitti il suo utero. Oppure no? per la Murgia e per Saviano la risposta è no. Per Saviano è giusto perché, sia che la donna venga retribuita oppure no, il suo atto è da considerarsi sempre e soltanto un atto d’amore, mentre la scrittrice sarda ritiene un diritto pagare la donna che si è prestata per l'utero in affitto.
“Se in questo paese - si chiede la Murgia - esiste una legge che consente l'interruzione di gravidanza perché non si hanno abbastanza sicurezze economiche, secondo quale logica non dovrebbe esistere una legge che per ottenere quelle sicurezze ne consenta invece l'inizio e il prosieguo?”. E ancora: “Una gravidanza comporta tempo, alterazione fisica e rischi oggettivi: immaginare che qualcuno possa affrontare tutto questo per altruismo significa riferirsi a una ridottissima minoranza di donne, probabilmente in occidente; il rimanente - cioè tutte le donne che lo stanno già facendo - lo farà per soldi e per nessun altro scopo”. È pertanto impensabile per la Murgia non dare un’alta remunerazione alla donna che si presta per la gestazione per altri (una pratica che a breve diventerà comune ovunque) né più né meno della badante dell’Est che presta il suo tempo ad accudire i nostri cari. A una femminista come la Murgia ci permettiamo sommessamente di far notare che, in base a questo principio, dovremmo regolamentare anche le professione della prostituta che offre il suo corpo e il suo tempo né più né meno della donna che offre solo una parte del suo corpo, l’utero. Lei sarebbe d’accordo?
Ma la Murgia non risolve così il problema della mercificazione della donna che si presterebbe per la gpa. La sua soluzione per evitare che la gestante sia considerata un contenitore è darle la possibilità di abortire perché la coppia che si rivolge a lei, secondo la scrittrice, non lo fa per comprarsi il bambino ma il tempo e il rischio che un parto comportano.
E qui sorgono alcune domanda: la coppia, qualsiasi sia il motivo, paga quella donna affinché porti a termine la gravidanza, altrimenti per quale altro motivo lo farebbe? E se il bambino non nasce la coppia avrebbe diritto dalla donna a un risarcimento? E con quali soldi lo pagherebbe se, stando alla teoria della Murgia, la donna che si presta per la gpa lo fa perché indigente? La verità, cari Saviano e Murgia, è che la vita umana non è negoziabile né quando si nasce né quando si muore altrimenti dovreste difendere anche la pena di morte e non solo l'aborto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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