La chiusura del programma di Roberto Saviano ha messo in crisi il politicamente corretto. Se da un lato è vero che dalle parti del Pd è arrivata la difesa d'ufficio nei confronti del noto scrittore, dall'altro lato la mossa dei nuovi vertici Rai ha spiazzato i dem. Come si può chiedere la cancellazione del programma per Facci e parlare di censura per Saviano? La sinistra è da sempre maestra del «doppiopesismo», ma stupisce che l'Usigrai più che indignarsi per la (presunta) censura punta il dito contro piazza Mazzini per lo spreco di denaro. «La Rai ha un disavanzo di quasi 600 milioni di euro. Non è certo nella situazione di poter sprecare risorse che vengono costantemente ridotte alle testate. Per questo l'Ad deve spiegare perché quattro puntate di un programma già registrato non andranno in onda», scrive l'esecutivo Usigrai che ricorda: «Nel caso delle puntate registrate, pagate e non mandate in onda il danno economico è evidente e rilevante». Saviano non è un giornalista Rai e l'Usigrai ha sempre considerato uno sperpero l'assegnazione dei programmi agli «esterni». «Una Rai che, ancora una volta, dimostra nei fatti di non voler, o non saper, promuovere le professionalità interne», aveva tuonato l'Usigrai un mese fa. Un'invettiva che si addice bene anche a Roberto Saviano. D'altronde, i radical-chic di sinistra non sembrano godere di una buona considerazione in Rai. Nei giorni scorsi, nelle chat interne ai giornalisti, ha fatto molto discutere un post pubblicato (e poi rimosso) da Giovanna Bonardi, un membro del cda Rai che criticava duramente la nota scrittrice sarda. Ma a pubblicare un commento al vetriolo sulla Murgia è stato anche Fulvio Abbate: «Il matrimonio queer di Michela Murgia ricorda la festa che ricorda lo scrittore - si tenne nella villa di Briatore anni fa a Malindi, anche allora gli invitati erano vestiti di bianco, perfino la ministra Giovanna Melandri, che poi negò l'evidenza. Abiti bianchi anche in questo nuovo caso, la sposa queer in bianco Dior. Molta fantasia, davvero molta simmetria».
La crisi del politicamente corretto ha colpito anche il quotidiano Repubblica. L'articolo di Alain Elkann dal titolo «Sul treno per Foggia con i giovani lanzichenecchi» ha mandato in subbuglio la redazione e il cdr ha preso subito le distanze dal suo editore. La radical-chic per eccellenza, però, rimane Elly Schlein, a cui non è ancora stata perdonata la battuta rilasciata a Vogue sull'arcocromista. «Mi imbarazza avere gente che magari consuma 300 euro l'ora per le imbecillità. Trecento euro sono i due terzi di una pensione minima; quindi, mi domando quale credibilità possa avere chi ha questo rapporto di coerenza fra il modo di vivere e il modo di parlare», ha tuonato Vincenzo De Luca. È stato ancora più brutale il giudizio di Fausto Bertinotti, che proprio al Giornale, ha puntato il dito contro la neosegretaria del Pd: «Il successo della Schlein è più significativo per le domande che poneva che per le risposte. È un qualcosa che si è manifestato con i movimenti giovanili, con Sanremo o Mare Fuori». E, infine, ci sono: Fabio Fazio e Lucia Annunziata che hanno cercato, senza successo di passare per martiri.
Le loro «narrazioni» sono state bollate come «farlocche» da Michele Santoro, mentre Enrico Mentana non aveva risparmiato critiche a Fazio: «Non esiste Maradona: nessuno ha il diritto inalienabile di essere sempre in onda»... Insomma, i radical-chic hanno stufato anche a sinistra.
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