«Lo sbarco in Normandia fu un inutile massacro di soldati mandati al macello senza preparazione né copertura, un flop militare che sortì l'effetto di ringalluzzire i tedeschi». L'ardita analisi è di Marco Travaglio che in un articolo di poche righe ha fatto giustizia di decenni di studi storici.
In attesa di rivelarci che in realtà la guerra l'ha vinta Hitler, il direttore del «Fatto» si è poi dedicato all'interpretazione di eventi più recenti, spiegando ancora una volta chi sono i colpevoli della guerra che infuria in Europa orientale: gli ucraini, popolo di collaborazionisti collusi con le SS, massacratori di ebrei, ammiratori di un estremista come Stepan Bandera, cittadini di un Paese che «coerentemente perseguita, bombarda e discrimina da dieci anni le minoranze russofile e russofone del Donbass». Ognuna di queste accuse suona davvero fuori luogo a chi si è mai occupato di Ucraina e di Russia. Ma a più di due anni dallo scoppio della guerra le confutazioni sembrano del tutto inutili. Certo, ci sarebbe da spiegare come mai un Paese del genere abbia finito per eleggere un presidente, Zelensky, che è ebreo, il cui nonno servì nell'Armata Rossa contro i nazisti (che gli uccisero i parenti) e che è talmente russofono da usare gli errori del suo ucraino come gag in campagna elettorale. Quisquilie, si potrebbe dire.
Resta la curiosità di capire
come mai Travaglio scriva quello che scrive. Sui social c'è chi parla di malafede. Ma si tratta di affermazioni così enormemente fuori bersaglio da risultare controproducenti anche per la sua tesi: che sia ignoranza vera?
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