
Zelensky sostiene che Putin non sia pronto alla pace, e lo zar del Cremlino replica lamentando che le forze di Kiev continuano ad attaccare il territorio russo. Nel giorno successivo al filo diretto tra la Casa Bianca e il Cremlino, nel corso di un colloquio costruito attorno a promesse e a concessioni, non sembra frenarsi in alcun modo lo spirito belluino dei due contendenti. Non si tratta di colpi di coda o di azioni dettate dall'inerzia di campo, semmai Putin e Zelensky vogliono arrivare al congelamento del conflitto non prima di aver ottenuto vantaggi territoriali da esibire ai tavoli dei negoziati.
Il suono sinistro delle armi continua a martoriare le orecchie, e non solo, dei civili del Kursk. I soldati di Kiev sono quasi stati cacciati dalla regione, ma alcune sacche di resistenza, al limite del confine con l'oblast di Sumy, tengono impegnate le truppe di Mosca, sistemando fili d'inciampo, anche con granate a frammentazione prodotte negli Stati Uniti. «Stiamo completando la loro sconfitta» dichiara Putin, rivelando che soltanto nella giornata di ieri sono stati uccisi almeno 230 soldati ucraini, considerati dal leader del Cremlino «terroristi e mercenari».
La tregua di 30 giorni degli attacchi agli impianti energetici non è ancora iniziata. Anzi, il comando dell'aeronautica ucraina ha riferito che due missili balistici Iskander-M, quattro missili S-300 e 145 droni sono stati lanciati contro le regioni di Sumy, Odessa, Poltava, Dnipropetrovsk, Kiev e Chernihiv. Secondo l'ente ferroviario Ukrzaliznytsia, il sistema elettrico è stato danneggiato, e la circolazione di diverse linee sospesa. Durante i lavori di ripristino, i russi avrebbero colpito di nuovo ferendo in modo grave alcuni manutentori. Il Ministero della Difesa di Mosca nel suo rapporto ha affermato che il target riguarda in via esclusiva infrastrutture militari: «i nostri obiettivi erano aeroporti militari, siti di stoccaggio di droni e depositi di munizioni». Putin in persona avrebbe dato l'ordine di abbattere sette shahed che si stavano dirigendo su impianti energetici nella regione di Mykolaiv. Le forze armate ucraine, a loro volta, hanno attaccato con droni un deposito di petrolio nel territorio di Krasnodar. Le autorità locali hanno parlato di un incendio scoppiato a causa della caduta del relitto. Peskov, portavoce del Cremlino, considera l'accaduto «una provocazione preparata dal regime di Kiev volta a interrompere le iniziative di pace del presidente degli Stati Uniti». Gli risponde a stretto giro di posta il capo di gabinetto ucraino Yermak, riferendo che la Russia «sta trasformando la regione di Sumy in un inferno. Non si accontentano di uccidere civili, sono riusciti persino a bombardare un ospedale», e liquida il presunto sconfinamento nel Belgorod come «propaganda del nemico».
Come se non bastasse, si combatte ferocemente a ovest, sud ed est di Pokrovsk, nel Donetsk. Qui la partita è davvero importante per Mosca.
Gli ucraini stanno facendo di tutto, con uno spaventoso tributo di sangue, per respingere l'avanzata dell'orso russo che ieri si è ulteriormente avvicinato a Udachne, ad appena 18 km dal confine con la regione del Dnipropetrovsk. La valenza geostrategica dell'area è notevole: è il tassello che alla Russia, superpotenza del grano, manca per completare un'influenza pressoché esclusiva sui mercati cerealicoli mondiali.
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