Lo scandalo Etruria fa sprofondare il Pd: caduta nei sondaggi

I fedelissimi del premier preoccupati: dobbiamo risalire in fretta ma far dimenticare il caso agli elettori non sarà facile

Lo scandalo Etruria fa sprofondare il Pd: caduta nei sondaggi

A Palazzo Chigi si aspettano col fiato sospeso i sondaggi del fine settimana, quelli che arrivano sul tavolo del premier tra il venerdì e il sabato mattina.

Stavolta l'attesa è assai più ansiosa del solito: per la prima volta verrà rilevato l'impatto effettivo che la vicenda banche e il tiro al piccione in corso da giorni contro Maria Elena Boschi hanno avuto sull'opinione pubblica. Gli unici numeri che circolano, per ora, sono quelli dei rilevamenti fatti ad Euromedia Research per Ballarò, e registrano un forte contraccolpo: fiducia in Matteo Renzi in calo di quasi due punti in sette giorni; Pd al 30,5%, in flessione di un punto e mezzo (con il Movimento Cinque Stelle in crescita al 27,2 e con il centrodestra in sorpasso al 32,8%); e con una netta maggioranza (58%) favorevole alle dimissioni della Boschi. I renziani non prendono troppo sul serio quei numeri: «Sono sondaggi fatti in fretta e sull'onda emotiva, aspettiamo i nostri per avere un polso più credibile della situazione», spiegano. Ma non nascondono di non essere molto ottimisti: governo e Pd hanno reagito tardi e male alla bufera, si son lasciati prendere in contropiede da un'accelerazione inaspettata, e ora pagano il fio: «Abbiamo bevuto molta acqua, ora dobbiamo cercare di risalire».

Renzi sta cercando di recuperare il tempo perduto. Da tattico consumato qual è, è riuscito ad uscire dall'angolo sulla vicenda della Consulta, eleggendo in un sol colpo i tre giudici costituzionali mancanti - incluso il suo candidato Augusto Barbera - con la mossa del cavallo di accordarsi con i grillini. E stamattina il voto che boccerà la mozione di sfiducia contro il ministro Boschi farà tirare un altro sospiro di sollievo al governo, che non vedeva l'ora di togliersi dalle scatole la imbarazzante pratica, e ha colto al volo l'occasione offerta dai soliti grillini.

Ma archiviare il drammatico caso banche e le sue ripercussioni sull'elettorato non sarà per nulla facile, e a Palazzo Chigi lo sanno bene. Tant'è che il premier ieri ha sfoderato il jolly Cantone, annunciando di voler affidare all'Anac del magistrato tuttofare anche l'arbitrato sui contenziosi degli investitori che chiedono risarcimenti. Una mossa che apre anche degli interrogativi non da poco, perché è inevitabile che la scelta di attribuire l'incarico all'Autorità anticorruzione venga letta come un giudizio implicito (e negativo) sull'operato delle autorità di vigilanza in materia, Bankitalia e Consob. E con il «grosso rischio», ammette un dirigente Pd, di ritrovarsi in rotta di collisione anche con Mario Draghi, fino a quattro anni fa alla guida di Palazzo Koch.

La tempesta di questi giorni ha fatto passare in secondo piano tutto il resto, amministrative comprese. A Milano le cose si mettono bene (anche grazie al terzo incomodo delle primarie, Pierfrancesco Majorino, che dividendo la sinistra agevola la vittoria di Beppe Sala), ma nelle altre città le candidature sono in alto mare. Intanto in Senato ieri si contava di portare a casa la riforma della Rai, ma il numero legale è mancato più volte, fino a tarda sera.

Mentre dopo le feste Renzi vuole riparire in quarta sulle unioni civili, per farle votare - anche con maggioranze trasversali - prima possibile: un'arma importante per recuperare consensi a sinistra in una campagna elettorale difficile.

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