Scandalo immobiliare: sequestrati conti esteri a monsignor Perlasca

Il funzionario della Segreteria di Stato accusato di appropriazione indebita, corruzione e abuso

Scandalo immobiliare: sequestrati conti esteri a monsignor Perlasca

Estorsione da 15 milioni di euro alla segreteria di stato vaticana. Un'accusa pesante. L'inchiesta sull'acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, nel prestigioso quartiere Chelsea, che ha portato all'arresto del broker Gianluigi Torzi, si allarga e investe anche funzionari del Vaticano. Nel mirino finiscono monsignor Alberto Perlasca, responsabile degli investimenti della segreteria di stato, indagato per appropriazione indebita, corruzione e abuso di potere, mons. Mauro Carlino, Fabrizio Tirabassi, dell'ufficio amministrativo, e l'ex direttore dell'Aif, Tommaso Di Ruzza, in relazione all'investimento di 454 milioni di euro derivanti - secondo gli investigatori vaticani - dalle donazioni dell'Obolo di San Pietro, nella disponibilità della Segreteria di Stato e da questa possedute con vincolo di scopo per il sostegno delle attività con fini religiosi e caritatevoli.

Su richiesta del promotore di giustizia vaticano, la magistratura svizzera ha inoltre sequestrato conti con depositi milionari, uno dei quali sarebbe nella disponibilità proprio di mons. Perlasca, anche se lui nega di avere conti in Svizzera; sequestrati anche i conti di Torzi e Tirabassi, e quelli del finanziere Mincione e di Enrico Crasso, gestore dell'Obolo di San Pietro.

Un'inchiesta che si fonda su un lavoro scrupoloso su carte e documenti che attestano truffe, raggiri, e complesse transazioni finanziarie.

Secondo le ricostruzioni del Tribunale vaticano, Torzi sarebbe entrato in contatto con la Segreteria di Stato per aiutarla a risolvere l'impasse della partecipazione al fondo Athena di Raffaele Mincione, partecipazione finanziata con i soldi dell'Obolo di San Pietro - destinati ai poveri - e costata alle casse vaticane perdite per svariati milioni di euro. Il broker molisano che si trova ora in cella in Vaticano - si sarebbe però trasformato nell'uomo in grado di tenere in pugno la segreteria di stato fino a portare a compimento una estorsione di 15 milioni. Torzi avrebbe triangolato e operato l'acquisto per la Santa Sede da Mincione e avrebbe trattenuto, senza farlo sapere alla Segreteria di Stato, mille azioni della società, con ciò impedendo di fatto al Vaticano di disporre del palazzo.

La vicenda si divide in due fasi. La prima, nel 2014, riguarda la sottoscrizione da parte della Segreteria di Stato del fondo Athena Capital Global Opportunities Fund, facente capo a Mincione e proprietario del palazzo londinese in Sloan Avenue. La seconda fase, tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, quando la Segreteria di Stato cerca di ottenere la disponibilità dello stesso immobile liquidando le quote del fondo di Mincione ma finisce per subire - con il concorso degli indagati - le azioni estorsive e la truffa di Torzi.

«Hanno già detto troppo in tanti», dice mons. Alberto Perlasca all'Adnkronos. Mentre Torzi affida la sua posizione ai legali: «Questo provvedimento riteniamo sia il frutto di un grosso malinteso determinato da dichiarazioni interessate che possono aver fuorviato una corretta interpretazione della vicenda da parte degli inquirenti - dicono Ambra Giovene e Marco Franco -. Torzi non ha mai agito contro gli interessi della Santa Sede».

Rispedisce invece tutto al mittente il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, sostituto per gli affari generali della segreteria di stato dal 2011 al 2018, periodo

in cui il Vaticano investì nel palazzo di Chelsea.

Se l'immobile di Sloane Avenue venisse venduto ora il Vaticano incasserebbe il doppio di quello che è costato, dice il porporato, ribadendo: Non ho mai conosciuto Torzi».

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