C'è l'estensione del Superbonus per i condomini ma non per gli alberghi. Che da grandi esclusi insorgono e attaccano Palazzo Chigi: «Una grande delusione», accusa il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. «Nella bozza gli alberghi erano ricompresi, ma poi di fatto sono stati esclusi. Sono, invece, entrati i collegi e le case di cura private». Nel decreto per il Recovery, che contiene le semplificazioni per accelerare la realizzazione dei progetti e la governance dell'intero Piano di ripresa e Resilienza l'applicazione degli incentivi per le ristrutturazioni green e antisismiche degli edifici anche agli hotel è risultata troppo costosa. Eppure la possibilità era prevista dalla precedente bozza. «Noi ci contavamo molto -aggiunge Bocca- perché i nostri alberghi, ormai fermi da oltre un anno, hanno bisogno di manutenzione e riqualificazione. È una grande delusione, ma combatteremo al fianco dei ministri, come Garavaglia, che ci sono battuti per introdurre questa misura. Speriamo che in fase di conversione si possa rimediare. Stiamo spendendo centinaia di migliaia di euro per ristrutturare in termini impiantistici le nostre strutture ricettive. Il Superbonus per gli alberghi è indispensabile»'.
Si dicono «sconcertati» da Confindustria. «Il passo indietro dell'esecutivo sull'estensione agli alberghi del Superbonus è l'ennesima doccia fredda per il settore», dice Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di Confindustria alberghi. «Le nostre imprese così drammaticamente colpite dalla crisi sono costrette a ricorrere massicciamente al credito per resistere dopo 14 mesi di fermo pressoché totale. Il Superbonus è uno strumento fondamentale per poter effettuare nei prossimi anni investimenti necessari» Necessari per non chiudere, visto che il «40% delle pmi alberghiere è a rischio, siamo lasciati soli. Servono misure ad hoc per sostenere un settore che nell'ultimo anno ha perso fino all'80% del fatturato».
Forza Italia chiede di porre rimedio in sede di conversione del decreto: «Oltre il danno la beffa. La notizia è arrivata proprio nel giorno in cui l'Istat ha certificato il crollo del fatturato alberghiero».
Ma sul decreto e sulla gestione Draghi si registra la convergenza della maggioranza. Il premier che ha impresso l'accelerazione verso l'attuazione del Recovery incassa il sostegno le forze politiche. Sono state la mediazione e il pragmatismo riconosciute a Draghi a tirare il provvedimento fuori dalle sabbie mobili degli scontri interni ed esterni a Palazzo Chigi. Con l'obiettivo dichiarato di eliminare i vincoli burocratici che bloccano le opere.
Equilibrio trovato anche con l'eliminazione della norma che prevedeva il criterio del massimo ribasso e l'introduzione di regole più stringenti sui subappalti che avevano infiammato lo scontro con l'ala sinistra e con i sindacati.
Ma al di là delle richieste dei partiti la governance sul Recovery resta comunque saldamente in mano a Palazzo Chigi, con il sostegno tecnico del ministero dell'Economia affidato a Daniele Franco. E le riforme dovranno eliminare i lacci che hanno portato la nostra pubblica amministrazione ultima in classifica per la qualità percepita dei servizi pubblici. Secondo l'ufficio studi della Cgia nell'Unione europea nessuna Pa «ha un livello di gradimento così basso come quella italiana».
Dall'ultima rilevazione, tenutasi a febbraio-marzo, emergono risultati impietosi: solo il 22% degli italiani considera «abbastanza buona e molto buona» l'offerta dei servizi pubblici erogata dalla nostra Pa. La media europea si è il 46 per cento.
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