Il panino va di traverso ai giudici. Sembrava una questione laterale, quella del pasto portato da casa, è diventata un'intricata querelle giuridica. E una saga che si allunga oltre tutte le previsioni: presto avremo la quarta puntata. La sesta, contando pure le pronunce di Tar e Consiglio di Stato. La prima sezione della Cassazione non se l'è sentita di chiudere la partita e ha passato invece la palla alle Sezioni unite, nella speranza che il collegio più alto per definizione sbrogli la matassa.
Un'altalena giudiziaria che va avanti dal 2014 ha prodotto risultati sconcertanti e contraddittori: prima il tribunale di Torino ha dato torto alle famiglie bloccando la refezione fai da te, poi la corte d'appello ha capovolto il verdetto riabilitando l'iniziativa dei genitori, ora l'ordinanza della suprema corte sceglie di non decidere e di passare le carte ai titolatissimi colleghi. Siamo in pieno domino, in un susseguirsi di ordinanze e sentenze alla ricerca di una bussola che fissi la rotta e chiarisca una volta per tutte: gli agguerriti papà e le inarrestabili mamme che hanno iniziato la guerra e aperto una breccia nel sistema scolastico potrebbero ottenere un clamoroso successo.
Si pensa a volte che un sistema cui siamo abituati da sempre sia destinato ad andare avanti cosi. Per l'eternità. Insomma, sia irriformabile, all'incrocio di ragioni organizzative, economiche, che hanno a che fare con la gestione di migliaia e migliaia di ragazzi delle elementari e delle medie. Come i 38 scolari di Torino al centro della sommossa.
Ma le ragioni di queste famiglie hanno toccato le corde giuste ai piani alti delle toghe italiane. La questione non è un capriccio, come il gusto di un tramezzino al prosciutto al posto di una bistecca. Non siamo alle varianti di un menu preconfezionato, magari mal sopportato dai ragazzi che preferirebbero piatti personalizzati. In linea con i palati smaliziati e carichi di fragilità, distinguo, contaminazioni di oggi.
No, a parlare di bresaola e pesto si è arrivati a toccare i principi costituzionali e la questione delle questioni: la libertà e i suoi confini sempre in movimento. Insomma, per dirla con i magistrati, si deve capire se «sia configurabile un diritto soggettivo perfetto dei genitori degli alunni delle elementari e delle medie, eventualmente quale espressione di una libertà personale inviolabile».
Un altro passaggio, si spera l'ultimo.
Non solo: i giudici ricordano anche l'intervento del Consiglio di Stato, che in Italia dice la sua su tutto lo scibile umano, spesso sovrapponendosi ad altre giurisdizioni: anche su questo versante il no all'autogestione della pausa pranzo, questa volta scandito dal comune di Benevento, era stato bocciato riaprendo la diatriba. Un labirinto. E il finale è ancora tutto da scrivere.
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