Chi non fa, non sbaglia. Solo Elly Schlein riesce nell'impresa di non fare nulla e sbagliare lo stesso. La segretaria si fa anticipare da Giuseppe Conte sull'autonomia e si accoda. Dall'altro lato, perde l'occasione per prendere le distanze dagli insulti di Vincenzo De Luca a Giorgia Meloni. L'avvocato le detta la linea, il «cacicco» la tiene in ostaggio. Rimane il silenzio. Quello sfoderato dalla segretaria, in visita in Abruzzo, davanti alla domanda che chiunque si sarebbe aspettato. I giornalisti implorano un commento sulla spacconata di De Luca nei confronti della premier. Lei fugge: «Ho già risposto sull'autonomia differenziata». Peccato che i cronisti chiedessero altro. Ovvero una risposta sugli insulti del governatore al capo del governo, oltre che a una donna.
Nemmeno il sessismo smuove Schlein. Che non è particolarmente guizzante neppure sul merito della questione. «Il Pd è in prima linea nel contrasto all'autonomia differenziata e alle scelte contro il Sud che sta facendo questo governo», dice la leader del Pd da Vasto, provincia di Chieti. Il problema è che Conte, ventiquattro ore prima, aveva già spiegato di essere «capofila» della protesta di alcuni sindaci del Mezzogiorno contro il governo. L'ex premier aveva chiamato alla pugna anche gli amministratori del Nord e del Centro. Ed ecco che Schlein fa la stessa cosa. Ma con un giorno di ritardo. «Non è una battaglia che interessa soltanto il Sud, interessa l'unità nazionale perché in nessun Paese civile si può pensare di avere venti diverse politiche», continua la segretaria.
La verità è che Schlein non può colpire De Luca. Al Nazareno le armi sono spuntate. Altro che i «cacicchi» che la leader appena eletta voleva allontanare dal partito. I nodi della questione sono due: le elezioni europee e il terzo mandato per sindaci e governatori. In vista del voto per il rinnovo dell'Europarlamento, il Pd ha bisogno anche dei voti del governatore campano. Non a caso, mesi fa, De Luca aveva fatto sapere riservatamente a Schlein che lui al Sud avrebbe potuto dirottare i suoi consensi su candidati di altre liste. Mentre spera nel salvacondotto, il presidente della Campania si limiterà a schierare uomini a lui vicini sotto le insegne dei dem. E qui arriviamo alla contropartita: il terzo mandato per il governatore.
Oggi è in programma la direzione nazionale del Pd. Con almeno trenta sindaci «riformisti» che pressano per superare il vincolo dei due mandati. Un modo per «incunearci nelle spaccature della destra», sostengono i cacicchi. La segretaria dovrà decidere se tirare dritto o ammorbidirsi davanti alle richieste di sindaci come Dario Nardella e Antonio Decaro. Il regista dell'operazione è De Luca. Da qui il mutismo della segretaria.
A sottolineare il silenzio di Schlein ci pensa il centrodestra. «Il segretario Pd Schlein ha preferito glissare pavidamente in merito agli insulti che il premier Meloni ha ricevuto da De Luca, imbarazzante compagno di merende della ditta», puntualizza Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera. «Che vergogna la Schlein, capo di De Luca, che non prende le distanze dalle offese di questo guitto nei confronti del presidente del Consiglio», dice Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato. Augusta Montaruli, vicepresidente dei deputati Fdi, definisce il silenzio di Schlein come «una scenetta che mette non poca amarezza». «Con l'atteggiamento adottato oggi da Schlein la credibilità del Pd tocca i minimi storici», conclude Montaruli.
Per la senatrice di Fdi Domenica Spinelli «il Pd ha problemi di impresentabilità». Il senatore di Fdi Antonio Iannone ricorre a un paragone cinematografico: «Il frasario di De Luca è degno del celebre personaggio interpretato da Tomas Milian».
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