Schlein strappa sulle nomine Rai. I grillini trattano per avere un tg

Il Pd oggi non parteciperà al voto sui nuovi vertici mentre M5s e Avs piazzano i loro nomi nel cda. L'ipotesi Carboni al Tg3

Schlein strappa sulle nomine Rai. I grillini trattano per avere un tg
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Si può essere uno per l'invasore Putin e l'altro (sia pur tra mille gesuitici distinguo) per l'invaso Zelensky. Si può essere uno per il destabilizzatore Trump e l'altro per Kamala Harris. Ci si può dividere sull'immigrazione, con Elly Schlein che sostiene il referendum pro-cittadinanza e Giuseppe Conte che lo avversa. Ma alla fine della festa è sulle poltrone Rai che il «campo largo» salta per aria, e che la spaccatura tra Pd e M5s diventa insanabile, perché «la scelta di collaborare con il centrodestra per rafforzare, in cambio di qualche posto, la sua presa su TeleMeloni, spaccando il centrosinistra, sarà difficile da spiegare ai nostri elettori», ragiona il dem Stefano Graziano. «I Cinque Stelle se ne dovranno assumere la responsabilità davanti al nostro popolo, che ci chiede unità nell'opposizione al governo», dice ai suoi la segretaria Pd Elly Schlein. Che ieri è passata di riunione in riunione (prima con i membri Pd della Vigilanza, poi con i gruppi) per decidere il da farsi dopo il «voltafaccia» dell'alleato. Resistendo, nonostante le obiezioni di molti dei suoi (capigruppo inclusi), restii ad abbandonare le postazioni Rai agli infidi alleati: «L'Ue ci chiede una Rai indipendente dai partiti: va fatta la riforma, non ci stiamo a spartirci le poltrone», la sua linea. Così stamattina, nelle aule di Camera e Senato, andrà in scena una divisione plateale: da una parte Conte, seguito a ruota dalla sinistra di Avs, che voterà per il rinnovo di quattro membri del Cda Rai (la riconferma del grillino Di Majo e l'elezione in quota Avs dell'ex sindacalista Rai, nonchè portavoce di Laura Boldrini, Roberto Natale; più i due rappresentanti di Lega e Fdi, Antonio Marano e Federica Frangi). Mentre il Pd, con Italia viva e Azione, non parteciperà al voto. Elly da una parte, con Renzi e Calenda. Conte, Bonelli e Fratoianni dall'altra. Nonostante i seguaci di Conte e Avs avessero, solo poche settimane fa, sottoscritto l'impegno all'Aventino collettivo, in nome della «riforma della governance Rai» che dovrebbe sottrarre al governo la facoltà di scegliere un amministratore delegato con pieni poteri.

È bastata una mossa ingegnosa della maggioranza (promettere la calendarizzazione in Parlamento della sospirata riforma) per spezzare l'unità del centrosinistra contro la famigerata «TeleMeloni». In realtà, spiegano in casa Pd, le trattative tra M5s e centrodestra sulle nomine Rai (più volte concretizzatasi negli ultimi due anni) non si sono mai fermate: «Conte punta ad avere la direzione di Rainews e quella del Tg3 per i suoi fedelissimi, da Giuseppe Carboni a Senio Bonini, e a risucchiare nella propria orbita tutti i quadri Rai che facevano capo a noi, in modo da indirizzare la narrazione della tv pubblica a proprio favore», dicono i dem. Ormai convinti che il diabolico Conte abbia un accordo di ferro con Lega e Fdi sull'assetto complessivo della Rai: la settimana prossima la Commissione di Vigilanza dovrebbe votare per il presidente Rai. La candidata, in quota Forza Italia, è Simona Agnes, ma serve una maggioranza dei due terzi dei «vigilantes» per confermarla. Servono quindi i voti di un pezzo di opposizione. «Voteremo per il Cda perché si tratta di servizio pubblico e non di affare privato. Ma non voteremo per la Agnes», giura Conte. Se Agnes venisse bocciata, il leghista Marano (in quanto consigliere «anziano») farebbe il presidente.

In cambio, Conte (che ieri, nascosto dietro le colonne del Transatlantico, riceveva un pellegrinaggio di giornalisti Rai in cerca di certezze esistenziali) avrebbe mano libera sulle poltrone di competenza del centrosinistra. Inclusa la ex rossa Telekabul.

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