Si torna sugli sci, ma non è detto che si possa arrivare alle piste. Sembra un rebus ma è l'Italia formato invernale che prenderà forma il 15 febbraio. Quel giorno - è la decisione del Cts - riprenderanno vita ski-lift, funivie e seggiovie. Perfetto, ma c'è una postilla che manda in fibrillazione gli operatori di un settore già allo stremo e il popolo degli scarponi: questo avverrà solo nelle regioni in giallo. E sfortunatamente nel panorama dell'industria vacanziera tricolore c' è una macchia arancione - addirittura rosso scuro per la Ue e in lockdown da lunedì al 28 febbraio - che complica la ripartenza: la Provincia di Bolzano. Tempio delle discipline del ghiaccio e meta di milioni di turisti. D'altra parte il Cts ha bocciato l'idea di far riaprire a mezzo servizio gli impianti in zona arancione.
Non solo: bloccare quel territorio vorrebbe dire amputare la mitico Sellaronda, un interminabile e frequentatissimo carosello di 40 chilometri a cavallo del Trentino, del Bellunese e appunto dell'Alto Adige. Insomma, lo stop prolungato fra Bolzano e il Brennero sarebbe un vulnus anche per chi è in fascia gialla e non vede l'ora di riprendere i ritmi del passato. Sempre il 15 dovrebbero aprirsi i confini fra le Regioni, ma solo in giallo e l'Alto Adige, a rischio lockdown, potrebbe non farcela.
Un quadro complesso, ancora di più perché le decisioni potrebbero toccare al prossimo esecutivo e al futuro ministro della Sanità. Insomma, le valutazioni specialistiche si sovrappongono al calendario della politica. L'impressione, pure di più, è che Mario Draghi possa sciogliere la riserva e varare il suo governo in tempi rapidi, prima della scadenza decisiva del 15. Quindi, dovrebbe essere il gabinetto Draghi e non quello Conte a dire l'ultima parola sulla querelle.
Ma certezze non ce ne sono: l'ex presidente della Bce scaldava i muscoli in attesa, ma certo ha ricevuto l'incarico al buio e deve guadagnarsi il voto dei partiti in Parlamento. Inoltre, deve disinnescare il più ingombrante degli ostacoli: Giuseppe Conte. L'ormai ex premier, ancora in carica per gli affari correnti insieme alla sua squadra, vorrebbe defilarsi e pensa al voto e a una rivincita, ma si cercherà in tutti i modi di coinvolgerlo con un incarico di alto livello. Difficile al momento incastrare le tessere di un puzzle tecnico-politico, ma Roberto Speranza è, fra i colleghi uscenti, uno di quelli che ha più chance di rimanere. Siamo nel mezzo di una crisi sanitaria senza precedenti e in corso una delicatissima campagna di vaccinazioni. Toccare gli ingranaggi della Sanità potrebbe mandare in crisi meccanismi già sottoposti a fortissime sollecitazioni.
Ma, naturalmente, questa è solo un'ipotesi: c'è chi immagina l'arrivo di una star come la virologa Ilaria Capua, già deputato di Scelta civica, e chi invece accredita l'ingresso di un personaggio magari meno noto ma sempre del mestiere, interno al circuito del Sistema sanitario italiano. Il borsino di Speranza oscilla vistosamente nel corso della giornata: quotazioni più alte al mattino, altalenanti nelle ore successive. Sul piatto resta l'endorsement di Franco Locatelli, presidente dell'Istituto superiore di Sanità, uno dei crocevia della crisi: «C'è un ottimo ministro della Salute che ha fatto un ottimo lavoro in questi mesi. Credo - aggiunge Locatelli davanti ai microfoni di Skytg24 - che dare continuità sia assolutamente importante. Servirebbe perché quello che è stato fatto è stato cruciale per il Paese».
Draghi farà le sue scelte, cercando anche di tenere dentro le diverse anime e sensibilità dell'emiciclo: Speranza è la bandiera
di Leu e dunque della sinistra radicale, partner piccolo ma prezioso del Conte 2. Una manciata di giorni e il neo titolare della Sanità dovrà firmare il provvedimento che può fermare o far ripartire l'industria dello sci.
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