Lo sciopero ha fatto flop ma Landini minaccia: "Per noi è solo l'inizio"

Confindustria: "Adesioni al di sotto del 5%". Schiaffo Cisl: "Guerra sterile e improduttiva"

Lo sciopero ha fatto flop ma Landini minaccia: "Per noi è solo l'inizio"

C'est ne qu'un debut. «Per noi oggi è un inizio». Maurizio Landini, segretario della Cgil, e il suo omologo della Uil, Pierluigi Bombardieri, hanno ripreso per la manifestazione indetta a Piazza del Popolo a Roma in occasione dello sciopero generale il dimenticabile slogan del Maggio '68 a Parigi con tutto il portato di violenza di cui esso è carico.

A differenza delle adunate oceaniche che erano prassi fra la fine degli '60 e l'inizio degli '80, lo sciopero di ieri è stato un flop sotto tutti i punti di vista sia partecipativo che politico. Secondo i dati provvisori forniti da Confindustria, infatti, alle 17 di ieri nelle aziende del sistema delle aziende iscritte alla confederazione guidata da Carlo Bonomi l'adesione era inferiore al 5 per cento. Su circa 5,5 milioni di addetti delle imprese associate (che rappresentano il 34% del Pil) si sarebbero astenuti dal lavoro circa 275mila persone. Dunque l'impatto sul prodotto interno lordo realizzato da Confindustria sarebbe attorno allo 0,008%, ossia 145 milioni di euro mal contati. Se a questo aggiungiamo che nella galassia Confcommercio (40% circa del Pil tra servizi e terziario di mercato), le adesioni sono state vicine allo zero, pur ricomprendendo l'associazione guidata da Carlo Sangalli molti operatori della grande distribuzione, si può concludere che la manifestazione di ieri non sia riuscita.

Landini e Bombardieri, ovviamente, hanno fatto sapere che l'adesione è stata altissima e si sono raggiunte medie dell'85% in molte realtà. Il 70% alle Acciaierie d'Italia di Genova e alla Electrolux di Pordenone il 70%, il 90% tra gli operai alla Lamborghini di Bologna, alla Ast di Terni e all'Almaviva di Roma, mentre alla Marelli di Napoli si sarebbe raggiunto il 95 per cento.

Secondo fonti interne alle singole imprese, la storia sarebbe però molto diversa. Non si è raggiunto il 10% in Stellantis, Fincantieri e Leonardo che sono i maggiori gruppi della metalmeccanica. All'ex Ilva di Taranto ci si sarebbe fermati all'1,5% (d'altronde, la maggioranza degli operai è in cigs, purtroppo). Considerate le roccaforti «rosse» di Emilia e Toscana, la media della metalmeccanica non avrebbe superato il 10 per cento, con punte prossime allo zero nel Mezzogiorno. Tassi di adesione poco superiori al 7% pure nel gruppo Ferrovie dello Stato e all'1,5% in Poste Italiane. I cantieri di Autostrade per l'Italia e dell'Anas erano tutti operativi (al lavoro pure i delegati Cgil) e così pure quelli ferroviari come il Terzo Valico di Genova e del comparto gas e acqua.

Anche dal punto di vista politico, però, il flop è stato conclamato. Come ha detto Landini, «per noi questa manifestazione è solo l'inizio, perché non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare a un'idea di politica industriale e di una riforma seria delle pensioni e di superamento della precarietà. È il momento di andare nelle scuole e nelle piazze, perché è il momento di dare rappresentanza a questi bisogni». Più cauto Pierluigi Bombardieri della Uil: «È il tentativo di dimostrare che c'è un pezzo di Paese che soffre, aspetta risposte». Il confronto con il governo di lunedì proprio sulle pensioni partirà in salita non solo per l'estremo gesto di protesta a fronte di una legge di Bilancio tutt'altro che punitiva nei confronti del sindacato. Ma anche perché la scelta dello sciopero generale ha tracciato un solco tra Cgil e Uil e la Cisl.

C'è stato «un netto miglioramento dei contenuti della manovra, frutto dell'azione sindacale e del dialogo col governo, che non va interrotto perché il paese ha bisogno di responsabilità e non di conflitto sterile e improduttivo», ha detto il segretario generale Luigi Sbarra. Che domani organizzerà una manifestazione a Roma intitolata «La piazza della responsabilità». Saranno in 2mila, tutti seduti e soprattutto non arrabbiati.

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