Le famiglie Dicuonzo e Cicciù non hanno bisogno dell'elemosina dei sindacati dei ferrovieri che ieri hanno scioperato. Hanno bisogno, invece, di avere giustizia. Anzi, ne hanno diritto.
Un concetto basilare di cui non si fa cenno nel comunicato in cui Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Taf, Fast-Confsal e Orsa fanno sapere che «Ferrovie dello stato devolverà a favore delle famiglie dei familiari dei macchinisti deceduti nell'incidente a Lodi due ore di retribuzione per ogni dipendente che ha partecipato allo sciopero di ieri». Sciopero che, tra ritardi e cancellazioni, ha creato gravi disagi per migliaia di viaggiatori.
Un'iniziativa - quella di devolvere la «voce-sciopero» alle famiglie dei colleghi deceduti - che, se pur lodevole nelle intenzioni, (benché tecnicamente di difficile attuazione) non lenisce l'assurdità della tragedia dove hanno perso la vita Mario Dicuonzo, 59 anni, e Giuseppe Cicciù, 51 anni: uno «scambio invertito» che ha trasformato la prima carrozza (quella con la cabina di guida) del Frecciarossa 9595 Milano-Salerno in un missile fuori controllo. Ai comandi del convoglio due macchinisti esperti e scrupolosi che solo pochi minuti prima avevano ricevuto l'ok per lanciare il treno alla massima velocità.
Mario e Giuseppe amavano il loro lavoro, non hanno commesso errori né negligenze. Anche per questo le famiglie Dicuonzo e Cicciù non meritano collette sindacali ma risposte legali. Evitando però le facili criminalizzazioni di chi pretende di sostituirsi ai giudici. Il riferimento al Codacons non è puramente casuale. La nota associazione che si batte per la «per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori» ha chiesto infatti che «tutti i soggetti che hanno eseguito i lavori di manutenzione sul tratto ferroviario dove è deragliato il Frecciarossa devono essere incriminati dalla magistratura, al pari dei responsabili della catena delle segnalazioni anomalie e blocco linea che hanno dato il via libera al passaggio del treno». Parole superflue. La magistratura sa bene ciò che deve fare, il Codancons stia al suo posto ed eviti di dare ordini a giudici e pm.
Tra le voci inutili ieri si è levata pure quella dell'Inail, che ha «reso nota» una proceduta ovvia: «Abbiamo immediatamente avviato le procedure necessarie per l'erogazione delle prestazioni economiche e sanitarie agli infortunati e a i familiari delle vittime». E ci mancherebbe pure che non lo avessero fatto. Ma l'Inail ci tiene proprio a far sapere di essere efficiente: «A sostegno dei congiunti dei due macchinisti deceduti sono stati attivati gli assistenti sociali e il settore lavoratori delle sedi Inail di Sesto San Giovanni e Milano Sabaudia.
Inoltre l'Istituto attende l'elenco ufficiale dei feriti fornito dalla prefettura per verificare il coinvolgimento di altri lavoratori nell'incidente e accertare eventuali casi di infortunio in itinere, relativi ai pendolari che viaggiavano sul treno». Insomma, l'Inail fa solo il proprio lavoro. Farlo in silenzio sarebbe meglio.
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