«La scuola resta in presenza perché è fondamentale per tutti, dai più piccoli all'ultimo anno del secondo grado», ribadisce la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina. Ma il vertice sugli orari di inizio delle lezioni e sulla didattica a distanza convocato dal suo collega (responsabile degli Affari regionali) Francesco Boccia con Comuni, Province e Regioni, presenti anche i ministri Roberto Speranza (Salute), Gaetano Manfredi (Università) e Paola De Micheli (Trasporti), è stato duro. E alla fine i nodi, almeno in parte, sono stati sciolti dal premier Giuseppe Conte con la prescrizione per le scuole superiori dell'inizio delle lezioni alle 9 e la sollecitazione a organizzare le lezioni anche il pomeriggio.
«Il ministro dei Trasporti dice che non si può incrementare ulteriormente l'offerta del trasporto pubblico - sbottava durante la riunione Antonio Decaro, presidente dell'Anci e sindaco di Bari - . E contemporaneamente il ministro dell'Istruzione dice che per rimodulare gli orari e scaglionare l'ingresso e l'uscita degli studenti delle superiori dovremmo incontrare qualche migliaio di dirigenti scolastici. Mentre il virus avanza, tra due settimane staremo ancora parlando di cosa fare». I sindaci avevano chiesto una decisione urgente e uniforme sul territorio nazionale sugli orari delle scuole. La stessa linea delle Regioni. «Riteniamo possibile e necessario, proprio per salvaguardare la scuola in presenza, soprattutto per le scuole d'infanzia, elementari e medie - ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini - incidere maggiormente sugli scaglioni di ingresso e uscita dalle scuole». Su questo punto, come sulla possibilità di rafforzare nelle ultime tre classi delle superiori la didattica integrata a distanza già attiva in molti istituti, le Regioni hanno chiesto al governo una precisa indicazione nel Dpcm, «perché non rientra nelle prerogative né dei sindaci né delle Regioni organizzare i tempi e le modalità organizzative delle autonomie scolastiche». Ma la ministra ha alzato un muro. E avrebbe detto no anche a un'altra ipotesi ventilata a un certo punto della riunione, quella di doppi turni mattina/pomeriggio alle superiori, soluzione che, seppure in termini non tassativi, è stata poi adottata nel Dpcm firmato in serata da Conte. Azzolina chiedeva interventi mirati, territorio per territorio. Anche i governatori delle Regioni si sono mostrati favorevoli alla didattica in presenza, tranne De Luca che in Campania ha imposto chiusura delle scuole e le lezioni a distanza. Restano le difficoltà quotidiane, tra i banchi monoposto non ancora arrivati a tutti e il meccanismo dei tamponi che costringe le famiglie a trafile di giorni, con figli a casa e senza aiuti.
Il ministero dell'Università intanto ha costituito una cabina di regia per valutare l'impatto dell'emergenza sanitaria sulla formazione superiore e la ricerca. «Le università sono sicure, la didattica è già al 50% a distanza, le lezioni sono controllate, con mascherine e distanziamento, tutto è stato programmato con protocolli specifici e la massima attenzione.
Impossibile fare di piú all'universita», dice il ministro Manfredi, che pensa di aumentare o diminuire la didattica in presenza in base ai contagi.Intanto il comitato Priorità alla scuola ha organizzato per oggi presìdi in 13 città. «La chiusura delle scuole, con la didattica a distanza, sarebbe accettabile solo in caso di un lockdown totale di tutto il Paese».
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