La linea nera tedesca: droni e attentati segreti per eliminare i talebani

Scoop della Bild: un'azione coordinata tra governo e intelligence, estraneo il Parlamento

La linea nera tedesca: droni e attentati segreti per eliminare i talebani

Berlino - Una cellula segreta per portare a termine omicidi mirati in Afghanistan. Una struttura quasi invisibile per compiere missioni al di fuori di quelle previste dal mandato affidato dal Parlamento. Non è la sceneggiatura di una delle tante serie tv statunitensi che fra droni, rapimenti e attentati hanno catturato l'interesse degli spettatori scalzando vampiri, spacciatori e serial killer, ma il resoconto del tabloid tedesco Bild sulle imprese della Bundeswehr in Afghanistan. Citando documenti riservati, il più diffuso quotidiano tedesco indica nel generale Markus Kneip il responsabile della «lista nera» dei leader da eliminare. I suoi ufficiali dovevano «raccogliere informazioni per la scelta dei target individuali» e l'alto ufficiale decretare l'esecuzione. Un'azione coordinata con il governo federale, visto che ad approvare gli omicidi mirati sarebbero stati anche i servizi tedeschi di intelligence (Bnd). «Se i resoconti sono veri», ha protestato il verde Omid Nouripour, «il governo federale ha mentito al Parlamento e all'opinione pubblica per anni». «Il governo fornisca al Bundestag gli strumenti per sapere se negli anni recenti abbiamo votato il rinnovo del mandato Isaf sulla base di informazioni del tutto false», ha rincarato Agnieszka Brugger, dello stesso partito.

Va ricordato che la Germania è il terzo Paese contributore della missione Isaf. Al contingente tedesco inviato nel nord afgano il Bundestag aveva assegnato compiti di mantenimento della pace e di assistenza alle autorità locali per la ricostruzione del Paese. Approvata nel lontano dicembre 2001, la missione è costata la vita a 54 militari. «Stupirsi del coinvolgimento dei militari tedeschi nella selezione degli obiettivi fra gli insorgenti assieme agli americani e agli afgani, vuol dire non sapere come funzionano le cose in Afghanistan», spiega Jan Koehler, ricercatore dell'Università di Berlino. «Per quanto ne so, le forze afgane sono sempre state coinvolte in queste operazioni a partire dal 2010, con l'avvio cioè della transizione. Le operazioni erano condotte del comando nord a Mazar-i-Sharif ed è difficile immaginare che la Bundeswehr non vi abbia partecipato. La cattura o l'eliminazione di obiettivi sono normalmente state condotte da forze miste afgane e straniere, di norma statunitensi». A oggi non si può dire se vi sia stata o meno una violazione del mandato del Bundestag.

«Certo è», precisa Koehler, «che l'accettazione di Isaf da parte dei locali è cambiata nei dieci anni della missione. Ma il focus è sempre stato lo stesso: il passaggio delle responsabilità nelle mani delle forze afgane». Una linea che riflette il forte pacifismo post-bellico esistente in Germania e l'avversione all'impiego delle forze armate all'estero. «Grande fu la rabbia della Bundeswehr quando nel 2009 un'operazione Usa provocò la morte di alcuni civili nel territorio sotto controllo tedesco. È stato solo dopo il «surge»(nel 2010, ndr) che le comunicazioni fra i diversi comandi alleati in Afghanistan sono migliorate». Non è escluso che lo scoop della Bild provochi qualche grattacapo al governo Merkel.

Tuttavia la notizia contribuisce a ridefinire l'immagine della Bundeswehr nella direzione desiderata dall'esecutivo: non solo una forza di difesa, ma uno strumento per il mantenimento della legalità internazionale, in grado di intervenire al fianco delle altre potenze occidentali.

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