"Scossa causata dalle difficoltà Usa. Gli algoritmi hanno amplificato i cali"

Il fondatore di Azimut: "I due terzi dei fondi di investimento usano programmi di gestione che non tengono conto dei fondamentali"

Pietro Giuliani
Pietro Giuliani
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Pietro Giuliani, presidente e fondatore di Azimut, che cosa è accaduto lunedì scorso sui mercati?

«È un movimento partito il 23 luglio e che ha accelerato nel corso della scorsa settimana. L'occupazione negli Stati Uniti è l'epicentro di questo ribasso: i dati sui nuovi posti di lavoro e sulla disoccupazione sono stati peggiori delle attese. Poiché a Wall Street le valutazioni di alcuni titoli sono elevate e i cosiddetti Magnifici Sette (Amazon, Meta, Nvidia, Apple, Alphabet, Microsoft, Tesla; ndr) cominciano a mostrare qualche segno di rallentamento, mentre le banche centrali continuano a non volersi esporre nonostante le tensioni in Medio Oriente, lunedì si è avuto questo calo simultaneo delle Borse».

Che cosa ha amplificato il movimento?

«Purtroppo i due terzi del mercato sono in mano agli algoritmi. Come negli ultimi mesi hanno enfatizzato il rialzo così sono stati anche protagonisti nell'enfatizzare le pressioni al ribasso. Gli indici, comunque, sono su valori elevati da tanto tempo, soprattutto negli Stati Uniti dove dieci titoli dell'indice Standard & Poor's 500 di fatto pesano per il 33,6% di tutta la capitalizzazione. Il fatto che gli algoritmi abbiano cannibalizzato per due terzi l'industria dei fondi e che i gestori attivi siano rimasti più o meno a un terzo, porta ad alti e bassi di questo tipo».

Ieri, però, i mercati Usa hanno recuperato parzialmente.

«Il mercato sta provando un leggero rimbalzo. È ovvio che gli elementi di fragilità permangono, proprio a causa di alcune ipervalutazioni. Durante la pandemia le banche centrali in tutto il mondo hanno iniettato molta liquidità che è stata solo parzialmente riassorbita e che, guidata dagli algoritmi dei fondi passivi, può esasperare le tendenze rialziste e ribassiste».

Cosa si può dire dell'Italia?

«La correzione del mercato italiano è cominciata a inizio agosto. Gli investitori esteri hanno iniziato a ridurre l'esposizione sui titoli più presenti in portafoglio come quelli bancari. Anche ottimi istituti hanno subito notevoli ribassi in poche sedute. Le semestrali, inoltre, hanno penalizzato quelle azioni che non hanno presentato risultati migliori delle attese o che non hanno rivisto al rialzo le stime».

I cali, però, sono slegati dal contesto macroeconomico: Usa, Europa e Cina crescono.

«In agosto è tutto amplificato (dal minor volume degli scambi; ndr) e gli automatismi degli algoritmi accentuano i ribassi. Se ci fosse un po' più di peso della gestione attiva e, quindi, degli esseri umani, probabilmente non avremmo avuto tutti i problemi di lunedì scorso».

I livelli dei tassi della Bce e della Federal Reserve sono congrui rispetto a uno scenario di crescita meno brillante?

«Darò una risposta fuori dal coro. Ho trascorso gran parte della mia vita con i tassi a due cifre e non c'era nessun problema per nessun mercato. In Italia abbiamo lavorato con il tasso a breve dei Bot a un anno del 17-18%, quindi è tutta una questione di quanta inflazione c'è e di quanta liquidità c'è sul mercato. Noi ci siamo viziati per dieci anni con i tassi a zero, se non addirittura negativi. Se il denaro non ha un costo, chiunque si può indebitare e può continuare a vivere all'infinito senza lavorare. Ci sono le cosiddette zombie companies, aziende già morte tenute in vita dai tassi a zero. Ma se un'azienda non è in grado di vivere con un tasso del 4,25%, probabilmente non dovrebbe esistere».

Che cosa suggerisce ai risparmiatori?

«Non è questo il momento di investire il 100% sulle azioni.

Bisogna cercare di avere un'asset allocation bilanciata. Se il mercato azionario genera tensioni in chi acquista, meglio puntare sui piani di accumulo con cui si investe un ammontare fisso ogni mese, superando nel tempo le difficoltà dei mercati».

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