In Aula il voto sul controllo della Corte dei conti, a Bruxelles le trattative per rimodulare il Piano tra governo italiano e Commissione europea, mentre ancora si aspetta il via libera Ue alla terza rata e la quarta è alle porte. Dietro la volontà di trasferire i finanziamenti su progetti diversi da quelli iniziali ci sono i nodi - su interventi che l'esecutivo considera di difficile o impossibile realizzazione - che è necessario sciogliere o superare riprogrammando. È la terza relazione sullo stato di avanzamento del Pnrr che ricorda come 120 misure abbiamo almeno un «elemento di debolezza» in grado di mettere a rischio l'intervento. Le criticità maggiori riguardano undici misure, con tre o quattro profili problematici divisi in quattro ambiti: il primo riguarda l'aumento dei costi o la scarsità dei materiali, il secondo squilibri di mercato, investimenti non attrattivi, tessuto produttivo impreparato; ci sono poi le difficoltà normative, amministrative e gestionali, e il quarto nodo riguarda la necessità di modificare il testo stesso del piano, intervenendo sugli atti formali (Cid e OA) della Commissione propedeutici agli esborsi finanziari.
Se nel «gruppo» con due problematiche ci sono misure importanti (e in ritardo) come il piano da 4,6 miliardi per creare 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole dell'infanzia, le due misure che fanno il pieno di criticità fanno entrambe capo al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. La prima, quanto mai attuale e «calda», è il sub-investimento da 1,3 miliardi di euro «per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico», che ha già visto coinvolte le regioni con l'individuazione di circa 640 progetti. La seconda, da 600 milioni di euro, riguarda gli «investimenti in fognatura e depurazione», e ha l'obiettivo di migliorare la depurazione delle acque reflue scaricate in mare o in fiumi e laghi. Per entrambe la previsione era l'aggiudicazione di tutti gli appalti entro il 2023. Ma tra i capitoli problematici, con ben tre criticità (escluso l'aumento dei costi), c'è anche il progetto, caro al ministro Salvini, sull'alta velocità per la tratta Brescia, Verona, Vicenza, Padova, ma anche qui il treno è frenato dai nodi. Tre criticità anche per il «Progetto Cinecittà» (300 milioni per migliorare la competitività del settore cinematografico e audiovisivo italiano) come pure per «Italia 5G», un investimento da 2 miliardi di euro per portare la quinta generazione delle reti mobili anche dove gli operatori commerciali non arrivano. Tra le misure insabbiate, ci sono anche diversi «interventi strategici di interesse nazionale», che Palazzo Chigi intende comunque realizzare, anche «con eventuale revisione degli obiettivi finali in relazione all'aumento dei costi».
Insomma, il tempo stringe (per giugno vanno completati 27 obiettivi per poter chiedere l'erogazione della quarta rata) e gli ostacoli spingono il governo a chiedere la rimodulazione. Ma il nuovo Piano dovrà avere il placet della Commissione.
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