In Rai si corre ai ripari. Ieri sono stati fatti due passi. Il primo: il direttore generale Giampaolo Rossi (e prossimo ad) è intervenuto ufficialmente assicurando che non ci sono state censure nei confronti di Antonio Scurati (e allontanando da sé qualsiasi responsabilità).
Il secondo: l'attuale amministratore delegato Roberto Sergio ha fatto partire l'istruttoria per verificare se ci sono stati errori e come sia potuto accadere un pasticcio così scombiccherato sulla cancellazione del monologo che lo scrittore avrebbe dovuto tenere sabato sera durante la trasmissione «Chesarà» di Serena Bortone su Raitre. Una istruttoria che, certo, non poteva dare esiti immediati. I risultati saranno illustrati nella seduta della commissione vigilanza dell'8 maggio convocata sul caso. Sergio ha chiesto relazioni a tutte le persone coinvolte.
Sotto «accusa» sono sia la struttura della direzione Approfondimenti con in testa il direttore Paolo Corsini (che ieri alcuni siti come Dagospia davano già per «defenestrato») sia i responsabili del talk show «Chesarà» con a capo Serena Bortone. Corsini dovrà ricostruire i passaggi della trattativa: dalla richiesta da parte di Scurati di 1.800 euro per redigere il testo e leggerlo, alla controproposta di 1.400 euro, per finire con la soluzione di un intervento a titolo gratuito con la promessa di una promozione sui canali Rai della serie tratta dal best-seller «M. Il figlio del secolo» che andrà in onda prossimamente su Sky. E dovrà spiegare come mai quest'ultimo passaggio non è stato accettato o non è mai arrivato alle orecchie dello scrittore.
Dal canto suo Serena Bortone deve spiegare perché sabato mattina, prima di lanciare il post che ha scatenato il pandemonio in cui denunciava la cancellazione dell'ospitata dello scrittore, non abbia aspettato che tutti i vertici di comando fossero informati sui fatti per trovare una soluzione: la giornalista sostiene invece di aver chiesto spiegazioni a tutti i vertici, compresi ad e direttori vari, direttamente o tramite i sottoposti.
Si vedrà. Intanto c'è da sottolineare quel che si legge tra le righe del comunicato ufficiale del dg Rossi che va a ingrossare la tesi del «gelo» tra le due punte di vertice aziendale. In sostanza Rossi - in predicato di diventare ad se questo caso non frenerà la sua corsa - sottolinea di non essere deputato alla questione, in modo da allontanare da sé l'idea di non essere in grado di tenere al riparo il governo e la Meloni dai casini Rai. Scrive Rossi: «Mi preme sottolineare che il direttore generale di corporate non ha alcuna competenza sugli aspetti editoriali (dentro i quali ricade anche la scelta degli ospiti nelle trasmissioni). Nello stesso tempo, sono obbligato a ricordare che la narrazione di una Rai che censura è del tutto priva di fondamento.
Oggi il palinsesto e la programmazione del servizio pubblico dimostrano pluralismo, varietà di punti di vista, di visioni e culture Mentre imperversa su giornali e televisioni concorrenti l'ennesimo attacco strumentale al servizio pubblico, la Rai in tutte le sue strutture sta lavorando alla realizzazione del nuovo piano industriale proprio con l'obiettivo di trasformare questa azienda in una moderna digital media company».
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