Se anche Facebook fa il taglialingue

Bande islamiche e buonisti di casa nostra fanno di tutto per farmi chiudere la pagina. Complice un algoritmo

Se anche Facebook fa il taglialingue

Caro Signor Facebook, so che lei è il colosso mondiale della comunicazione virtuale, la piattaforma interattiva frequentata da circa un miliardo e mezzo di internauti. L'apprezzo come istituzione che, seppure privata sul piano della proprietà, è diventata a tutti gli effetti pubblica sul piano del servizio offerto, mettendo a disposizione di tutti la possibilità di farsi conoscere e di interfacciarsi con le persone del mondo intero.0

Lei, Signor Facebook, è a tutti gli effetti il principale protagonista e il forgiatore del modello di comunicazione nel mondo globalizzato. Ebbene se il risultato è quanto sto sperimentando di persona come titolare di una «pagina fan» con oltre 132 mila «mi piace», significa che in futuro ci aspetta una dittatura informatica. Recentemente sono stato sospeso per ben 29 giorni per aver pubblicato la foto di un terrorista dell'Isis che sventola una bandiera su cui si legge: «Next stop Rome», già diffusa da tutti i mezzi di comunicazione di massa. Possibile che questo fotomontaggio che serve ad illustrare le mire dei terroristi islamici su Roma, possa essere sanzionato quale apologia del terrorismo islamico? La verità è che Facebook si comporta come un gigante incapace di intendere e di volere che, sulla base dei calcoli di un algoritmo, affonda la scure della censura in modo automatico ed acritico quando riceve un certo numero di denunce da parte di utenti che dicono che una foto specifica li ha turbati.

Nel mio caso queste denunce sono il frutto della mobilitazione di una banda di islamici e di filo-islamici che perseguono l'obiettivo di vietarmi di condannare l'islam e il terrorismo islamico, e di una banda di relativisti nostrani che si accaniscono contro di me per la mia denuncia dell'invasione di clandestini e del buonismo della Chiesa. Il loro obiettivo è di far chiudere definitivamente la mia pagina Facebook. È una lotta impari considerando che questi mascalzoni operano nel più assoluto anonimato e non sono legalmente perseguibili anche se commettono i reati di diffamazione e violazione della libertà di espressione, e considerando che Facebook si comporta come un giudice che emette sentenze senza vedere, sentire e parlare.

È ora di portare il caso concreto al Parlamento e alla Magistratura, al di là dei proclami altisonanti e ideologicamente motivati della «Carta dei diritti di Internet» presentata lo scorso 28 luglio dalla Presidente della Camera Boldrini. È fondamentale affermare il fatto che in Italia la legge italiana deve valere indistintamente per tutte le attività, materiali e immateriali, svolte sul suo territorio da parte di tutti i cittadini o residenti. Le segnalazioni infondate, un algoritmo e i funzionari di Facebook non possono sostituirsi allo stato di diritto. Sarebbe come condannare a morte un innocente sulla base delle illazioni di chi lo vuole vedere morto.

Caro Signor Facebook le chiedo di smetterla con questo comportamento arbitrario

e vessatorio. Gli «standard della comunità di Facebook» non possono essere in contrasto o al di sopra delle leggi dello Stato che tutelano la libertà d'espressione. Mobilitiamoci per dire «No alla dittatura informatica!».

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