Non c'è tempo. Niente di quello che conta di solito è importante, ora. Quando la terra trema, che cosa fai? Scappi. Questo è il terremoto di un Paese intero. Afferri gli occhiali sul comodino, il portafogli, le chiavi dell'auto, al massimo. Quello che indossi va bene. Prendi qualcosa di caldo, perché l'inverno in Ucraina non è finito. Il cielo è grigio all'alba, quando le bombe svegliano gli abitanti a Kharkiv, a Dnipropetrovsk, a Ivano-Frankisvsk, nella capitale Kiev. L'impensabile è accaduto davvero, i russi hanno fatto invasione e, all'improvviso, casa non è più casa. Casa non è più il tuo rifugio, la tua vita: è un luogo da cui fuggire, e in fretta. Quello che conta, a questo punto, è poco eppure tutto: la vita, tua e dei tuoi cari. Figli, genitori, fidanzati, mariti, mogli, nipoti. Non tutti: la nonna di Irina, a Lugansk, ha deciso di restare. Ha detto alla nipote di andare, subito, subitissimo, ma da sola. E Irina ha obbedito, perché la nonna è sopravvissuta a tutto: alla carestia, ai nazisti, a Stalin, a qualche decennio di Unione Sovietica, alla perdita del marito e anche di un figlio, al crollo delle certezze e dell'impero, alle mire del nuovo zar. Irina è salita sul primo pullman, insistendo con la sua amica Alina, che però è tornata a prendere una borsa. Alina ha preso il pullman successivo. Mentre Irina scappava ha sentito le bombe colpire il pullman di Alina. Irina è scappata, guardandosi indietro con apprensione e terrore, come le migliaia di persone che ieri mattina si sono messe in macchina per fuggire da Kiev. In coda per strada, in coda dal benzinaio, in coda al bancomat. Tutti sperano di arrivare in Moldavia, o in Polonia, il più possibile lontano dalle bombe e dai carri armati russi. Anche quelli sfilano in colonna, uno dopo l'altro. Una parata che sembra uscita da un documentario in bianco e nero, invece è tutto in diretta. Occupanti e occupati sommergono le strade, i primi per entrare, i secondi per sfuggire ai primi. È la paura che ti spinge a mollare tutto ciò che amavi, tutto ciò che ti sembrava così importante fino a pochi secondi prima, l'appartamento comprato grazie a una piccola eredità, la cucina che è costata un anno di stipendio, la credenza con i soprammobili di famiglia, il primo peluche di tuo figlio, le foto del matrimonio, quella rosa che ricresceva sempre.
Bellissima e fragile, eppure fortissima. Capace di resistere a ogni sfida, anche la più dura. Ma ora bisogna infilare ogni cosa nella valigia della memoria: la rosa, la nonna, il cuore. Prendi chi ami e scappa, il resto non c'è più.
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