La politica non ama i vuoti. Quando si creano in qualche modo verranno riempiti. Le opposizioni di questi tempi sembrano piuttosto fragili, perché si muovono disordinate, per un certo smarrimento, perché la realtà non le asseconda, per una leadership che ancora non ha trovato sostanza. Non sarà così per sempre, perché prima o poi il Pd e i Cinque Stelle troveranno una rotta o una metamorfosi. Per ora le spine per la maggioranza arrivano dai poteri teoricamente neutri, che in natura però non esistono. È un'astrazione o una speranza. Il potere è incarnato da persone, che hanno una storia, una carriera, una appartenenza e sono vicini a questo o a quel partito e comunque hanno opinioni politiche e visioni del mondo. Questo vale anche per gli organi costituzionali. La Corte dei Conti chiaramente non fa eccezione. No, la corte non è nemica del governo. Sarebbe una mossa illegittima. Non siamo di fronte a una guerra tra pezzi di Stato. Il controllo sulla finanza pubblica è fondamentale e rende trasparente le dinamiche della democrazia. La Corte dei Conti è un'architrave dell'architettura costituzionale e il governo non può certo demonizzarne il ruolo e l'attività. Quella è sacra. Solo che la Corte è fatta di giudici in carne e ossa e si nota che non hanno alcuna intenzione di nascondere le loro simpatie. Non vogliono farlo quasi per compensare la fragilità delle opposizioni, magari anche con una certa voglia di protagonismo. La distanza dal governo Meloni non è solo un'impressione. Il rendiconto generale dello Stato, presentato ieri, non punta solo a bocciare qualsiasi idea di condono, questo ci può stare, ma si preoccupa di confezionare una lezione morale al governo. Le sanatorie costano ma soprattutto sono diseducative e spingono perfino gli onesti a farsi furbi. Le sanatorie corrompono gli animi dei contribuenti e spingono gli italiani al degrado. Non importa se questo sia reale oppure no. Qui il problema è un altro e ha a che fare con le funzioni della Corte dei Conti.
La predica non è prevista. I giudici non sono sacerdoti e neppure filosofi morali. Questo discorso, in apparenza condivisibile, diventa stonato nella forma. La Corte dei Conti è magistratura contabile, non il tribunale di uno Stato etico.
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