Se l'eroe rischia di diventare scomodo

E se Zelensky stesse cominciando a diventare scomodo? Alcuni segnali l'abbiamo appena visto con la reazione irritata dei parlamentari israeliani ai suoi paragoni con la Shoah

Se l'eroe rischia di diventare scomodo

E se Zelensky stesse cominciando a diventare scomodo? Alcuni segnali l'abbiamo appena visto con la reazione irritata dei parlamentari israeliani ai suoi paragoni con la Shoah - suggeriscono che l'appoggio occidentale al leader ucraino potrebbe diventare meno convinto in un prossimo futuro. Il presidente comunicatore è diventato in queste settimane il carismatico simbolo del coraggio di un popolo intero ed è riuscito perfino a compattare gli europei nel sostenerlo. Eppure. La guerra infame scatenata da Putin ha dato a Volodymyr Zelensky un'altra occasione inattesa, della quale certamente avrebbe fatto a meno: quella di trasformarsi nella cattiva coscienza di noi occidentali. Un ruolo che a qualcuno comincia a dare fastidio. Perché quando parla di pace, il presidente ucraino non pensa a concessioni, ma lega il concetto a quello della sconfitta dell'invasore russo. Nessuno spazio agli equilibrismi pacifisti, nessuna concessione a chi vorrebbe per l'Italia e per l'Europa solo un ruolo di mediazione, meno che meno a chi pretende che la pace debba esser preceduta dalla resa, fingendo di non capire che il giorno dopo quella resa per gli ucraini comincerebbe la servitù.

Zelensky è intransigente, e ha ragione da vendere quando ci ricorda che la libertà viene prima della pace, e che per essa si deve combattere e morire, ma qui sono in tanti a sinistra come a destra a pensare purtroppo il contrario. A credere intimamente (senza essere putiniani e senza osare ancora dirlo apertamente, ma ci arriveremo) che in fondo l'Ucraina è lontana, e che un buon (per noi) compromesso con Putin sia meglio di un'instabilità europea e mondiale che comincia a diventare pericolosa. Il grande comunicatore Zelensky rischia di diventar vittima del suo linguaggio ultimativo. Sbaglia toni quando ripete che «dobbiamo» colpire la Russia fino a paralizzarla con sanzioni crescenti che costano care anche a noi; sbaglia ancor di più quando sottolinea che l'alternativa alla vittoria del suo valoroso Paese è la terza guerra mondiale. Nessuno qui vuol fare la guerra per l'Ucraina, meno che mai rischiare una catastrofe nucleare per conservarle il possesso della Crimea o del Donbass (giusto o sbagliato che sia).

La linea rossa oltre la quale Zelensky diventa potenzialmente scomodo anche per chi oggi lo applaude è quella: potrebbe arrivare il giorno in cui non solo in Occidente, ma perfino in una Kiev stremata, si potrebbe guardare con favore a un leader ucraino meno barricadiero e più disposto al compromesso.

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