Quante volte ancora deve succedere? Non è un caso isolato quello del neonato trovato morto a Musile di Piave in una discarica. Era già successo, proprio nel Veneziano, nel giungo del 2016. Un neonato, anche lui ancora con il cordone ombelicale attaccato, era stato chiuso in un sacchetto dell'immondizia e buttato via. Come si fa con i rimasugli di un pranzo. O con il cibo ancora intatto che avanza da tavole troppo imbandite e gettato via in sfregio alla vita di chi muore di fame. Quel neonato, però, dalla morte si è salvato. Non dal tradimento di sua madre, che graverà per sempre come un macigno nella profondità della sua psiche. Solo l'amore incondizionato di due genitori adottivi potrà ridonargli il senso della propria esistenza. Quanti ce ne sono pronti ad accogliere con desiderio le creature non volute? E quanta crudeltà c'è in una donna che non solo rifiuta il suo bambino, ma gli impedisce perfino di avere una vita altrove? Come il piccolo di Musile, che è morto. Oggi siamo tutti indignati. Feriti. Colpiti nel profondo della nostra stessa umanità. Ma domani? Scopriremo che la madre viveva un disagio sociale; che era minorenne; che era esaurita; che era il frutto di una relazione extraconiugale o di un amore malato. Insomma, se lo ha ammazzato (perché lo ha ammazzato), un «valido motivo» c'era. E allora sarà forte la tentazione di attenuare la portata del suo atto. Della sua responsabilità e di quella di chi le stava accanto senza accorgersi, magari, di quell'esistenza che aveva in grembo. E invece il neonato di Musile è il simbolo del male che anche una donna è capace di fare e di una società incapace di vederlo. Nessuna pietas per queste madri. Nulla può giustificare un atto inumano che riguarda tutti. Né deve calare quel silenzio che invece cala dopo il primo clamore: è calato dopo la morte del neonato buttato dalla finestra a maggio; della neonata abbandonata dalla madre 16enne nel giardino condominiale dov'è spirata; della neonata congelata nel freezer da una donna che aveva altri 6 figli.
Dopo l'indignazione ecco il silenzio assordante delle istituzioni, dei media e di quella società civile che ogni giorno si mobilità per salvare le donne dalla violenza maschile, senza mai denunciare, con la stessa forza, l'orrore di cui anche loro sono capaci.
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