Se nel confessionale al posto del prete spunta l'avatar di Gesù

Nella chiesa di Lucerna l'esperimento con un ologramma di Cristo animato dall'intelligenza artificiale

Se nel confessionale al posto del prete spunta l'avatar di Gesù
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Era inevitabile. Se è vero, come è vero che l'Intelligenza artificiale non conosce confini geografici né di impiego (dagli articoli di giornale per giornalisti pigri in su), era inevitabile che entrasse anche in chiesa. Non per accendere e spegnere le candele, non per spolverare i sedili, non per sistemare i messali, tutti compiti ancora assolti dai sacrestani, gli esponenti del sottoproletariato religioso. Né, d'altra parte, per celebrare la Messa. Però per «confessare» i fedeli sì. In fondo la confessione è una chiacchierata, una chat a due, quindi piuttosto facile da gestire, lontani da orecchie indiscrete...

Ed eccoci serviti. Per due mesi, a Lucerna, nella Cappella di San Pietro, fra l'altro la più antica chiesa cattolica della città svizzera, centinaia di peccatori curiosi (ma anche di curiosi peccatori) si sono appartati per dialogare non con un semplice sacerdote, bensì direttamente con un simulacro, un avatar del Cristo. Si chiama, piuttosto banalmente, «Gesù Ia» (anche se Ia potrebbe richiamare la desinenza dei nomi di alcuni profeti: Isaia, Geremia, Abdia, Sofonia, Zaccaria, Malachia). Più intrigante, o inquietante, è il nome del progetto: «Deus in Machina», laddove il divino non scende dalla macchina come nel deus ex machina, ma è nella macchina, anzi è la macchina.

Funzionava così: nel confessionale c'era lo schermo di un computer con l'immagine di Gesù Cristo, al quale, a luce verde accesa, ci si poteva rivolgere ponendo domande. Materie preferite: fede, morale, problemi di tutti i giorni, logorio della vita moderna etc. Poi «Gesù Ia», a luce rossa accesa (absit iniuria verbis), rispondeva, proprio come fa il professor Alberto Barbero in tv nel programma Barbero risponde, e con la stessa prontezza e competenza. Del resto, sono le sue materie d'elezione...

L'obiettivo era, attenzione, «esplorare i limiti della fiducia umana in una macchina». Circa 900 conversazioni sono state trascritte in modo anonimo e quasi 300 visitatori-dialoganti hanno compilato dei questionari appositi. Pare che qualcuno abbia chiesto a «Gesù Ia» che cosa pensasse degli abusi sessuali nella Chiesa, o dell'omosessualità, o delle guerre in atto. Insomma, a confessarsi non era il fedele, ma colui il quale occupava il posto solitamente riservato al confessore, in un ribaltamento di ruoli e di travestimenti da commedia goldoniana.

Comunque, «Gesù Ia» se l'è cavata alla grande, essendo in grado di parlare circa cento lingue, con i questionanti cattolici, musulmani, buddhisti, atei, agnostici e via dicendo. Alla fine, e questa potrebbe essere l'unica buona notizia, nessuno gli ha dato la penitenza.

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