Se il "pareggio" diventa il risultato perfetto

Dopo il quarto scialbo risultato di fila a reti - anzi a schede - bianche qualunque dirigente di un club che ambisce allo scudetto farebbe delle serie riflessioni sul futuro della propria squadra

Se il "pareggio" diventa il risultato perfetto
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Dopo il quarto scialbo risultato di fila a reti - anzi a schede - bianche qualunque dirigente di un club che ambisce allo scudetto farebbe delle serie riflessioni sul futuro della propria squadra e dell'allenatore in panchina. Ma quello per l'elezione del presidente della Repubblica è un campionato a sé, che risponde a logiche del tutto particolari, e i ghirigori della politica hanno poco a che vedere con gli schemi lineari di un campo di calcio. Infatti nella partita per il Colle, dominata finora da tattiche attendiste e ostruzionismi incrociati, sembra prevalere uno spirito diverso, che non si ferma davanti ai «punti» segnati sul tabellino. Il retroscena che l'altra sera attribuiva a Silvio Berlusconi parole di incoraggiamento nei confronti di Salvini («Ricordati Matteo: un pareggio è sempre meglio di una sconfitta»), combacia con la dichiarazione rilasciata dal segretario Pd Enrico Letta nella mattinata di ieri: «Non vogliamo né vincitori né vinti, ma dialogo e soluzioni».

Nel confronto a tre che va in scena dalle parti di Montecitorio centrodestra, centrosinistra e galassia a Cinque Stelle stanno arrivando ormai alla conclusione che un'affermazione di forza (per non dire «di corto muso», come teorizzato dal mister della Juventus Massimiliano Allegri, restando in ambito calcistico) possa dare sì delle soddisfazioni nel breve periodo, ma creare parecchi problemi già alla prossima curva della legislatura. Senza considerare che gli avversari di oggi nella competizione quirinalizia saranno pur sempre gli alleati di domani, quando bisognerà tornare a sedersi al tavolo del Consiglio dei ministri. Da qualsiasi parte si guardi lo stallo alla messicana in atto, l'affermazione di una parte sull'altra strappata sul filo dei numeri, magari approfittando dei minuti di recupero di un Paese alle prese con la doppia faccia dell'emergenza sanitaria ed economica, somiglierebbe piuttosto alla classica vittoria di Pirro.

Si sente dire spesso che il tasso di civiltà di una nazione può essere misurato dalla capacità di gestire allo stesso modo l'euforia di un trionfo come lo sconforto di una disfatta. La politica è nella terra di mezzo: cos'è, in fondo, se non l'arte di ricercare un compromesso, ovvero il «pareggio» elevato alla dimensione più alta?

Per sbrogliare la matassa attorno al capo dello Stato i leader stanno cercando con fatica un «punto di caduta», al di là dei possibili nomi, che salvi tutti da un fallimento epocale.

Forse anche nel paludato corridoio del Transatlantico uno 0-0 (o un «uno a uno», se preferite) può essere il risultato perfetto, nel senso letterale di massima compiutezza alle condizioni attuali. Nessuno però si azzardi a chiamarlo «biscotto». Dalle schede alla schedina, è questo il vero X factor...

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