Se in passerella sfila un istante di infinito

Pucci e Spagnoli: "Nicchie finite, resta lo stile". Landolina: "Più eventi nella Milano del fashion"

Se in passerella sfila un istante di infinito
00:00 00:00

Tutto si gioca in pochi minuti. Ma fondamentali. Perché in una sfilata si devono mostrare i capi su cui il brand ha deciso di puntare (e capitalizzare). Pochi istanti, dunque. Fatti non solo di filati e tessuti ma soprattutto di stile ed emozioni come hanno spiegato - all'evento organizzato da il Giornale - Giovanni Landolina (Responsabile Industry Coverage & Lending di Banco Bpm), Jacopo Majocchi (Global Merchandising, Buying and Planning Director dei marchi UCB e Sisley), Laudomia Pucci (Presidente della fondazione Emilio Pucci Heritage hub) e Nicoletta Spagnoli (Ad Luisa Spagnoli), moderati dalle giornaliste del Giornale Valeria Braghieri e Daniela Fedi. Un mondo, quello delle sfilate, immaginato per stupire il mondo. «Certamente costano - spiega Nicoletta Spagnoli - ma sono fondamentali per mostrare come ci siamo evoluti senza perdere la nostra identità e i nostri valori, che portiamo avanti da sempre. Per noi sono importanti l'artigianalità, il gusto, lo charme, la femminilità e la sostenibilità (le nostre clienti ci dicono che i nostri capi durano troppo). Una sfilata rappresenta uno storytelling: ogni collezione è una storia a sé». Non è però solo una questione di costi, ma anche di opportunità, come spiega Landolina: «Alcune sfilate cambiano di qualche mese l'immagine di un territorio: c'è una grande bellezza e ci sono grandi investimenti. Per questo bisognerebbe anche sviluppare meglio i rapporti tra pubblico e privato. Nella settimana della moda una città come Milano può creare tante iniziative che oggi non ci sono ancora. L'indotto è mosso da aziende private e buyer, ma anche la finanza è protagonista supportando diversi brand. Sarebbe bello far sì che questo legame diventi istituzionale».

Anche perché nel corso degli ultimi decenni la moda è cambiata molto, come sottolinea Majocchi: «Una volta era più resiliente, era una nicchia che parlava a una nicchia. Negli anni Sessanta e Settanta, però, la moda ha cambiato tutto, allargandosi alla classe media. Ora è fondamentale creare un brand con un equity e un appeal. Lo hanno capito anche le aziende di fast fashion che cercano di creare emozioni in chi acquista. I brand del lusso, invece, hanno sempre avuto un grande rapporto di fiducia col consumatore, che è più consapevole e sceglie un prodotto con un rapporto tra qualità e prezzo che soddisfa il proprio investimento».

Stessa opinione di Laudomia Pucci: «Oggi la moda è un fenomeno maggiormente consumistico, soprattutto se parliamo di fast fashion.

In passato c'era un modo di lavorare che ora non esiste più: era tutto incentrato sulle sarte, casa e bottega, con una grande attenzione al prodotto e al cliente. La loro perizia è una merce oggi molto rara». Una tendenza che sta tornando. Poco alla volta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica