Se le Procure scommettono sulle elezioni

Se le Procure scommettono sulle elezioni

Governo e politica deboli, giudici e magistratura forti. È il solito vecchio assioma di sempre. E ancora una volta si sta rivelando infallibile. Tanto che a pochi giorni dalle dimissioni di Matteo Renzi è un fiorire di inchieste. Da Milano a Roma, ce n'è per tutti i gusti. Per il Pd con l'indagine a carico di Giuseppe Sala, per i Cinque stelle con l'arresto di Raffaele Marra, fedelissimo di Virginia Raggi, e pure per Silvio Berlusconi con il ritorno alla ribalta del Ruby ter. Un filotto senza precedenti, a cui si potrebbe aggiungere l'inchiesta per voto di scambio a carico del governatore della Campania Vincenzo De Luca, accusa forse un po' troppo bislacca per essere presa seriamente.

A voler essere benevoli siamo di fronte ad un'incredibile coincidenza. Una concomitanza senza precedenti, perché nessuno avrebbe potuto immaginare che i sindaci delle due principali città italiane, Milano e Roma, finissero quasi al tappeto nello stesso giorno. Già, perché - comunque finiranno le inchieste - è evidente che politicamente il colpo inferto a Sala e Raggi è quasi da knock out. Nel primo caso perché l'avviso di garanzia al sindaco di Milano è un colpo al cuore del renzismo, visto che fu proprio l'ex premier a volere fortissimamente l'ex commissario di Expo a Palazzo Marino. Nel secondo, invece, a rischiare di andare in crisi è il candore e l'integrità dei Cinque stelle, con un ricasco su tutto il Movimento anche a livello nazionale. D'altra parte, l'inchiesta di Roma arriva dopo che già Parma, Livorno e Quarto avevano dato segnali non proprio positivi.

Sullo sfondo delle due inchieste che da ieri sono sulle prima pagine di tutti i giornali, c'è un non detto che però circola da tempo nei corridoi del Palazzo. Con un certa cadenza, infatti, tornano in voga i rumors secondo cui non solo a Renzi, ma pure a qualcuno dei big del cosiddetto giglio magico potrebbe arrivare un avviso di garanzia. Che la voce sia o no fondata è difficile a dirsi, di certo c'è che pure all'interno del Pd - in particolare qualche vecchio leader - si azzardano a pronosticare imminenti vicissitudini giudiziaria per l'ex premier.

Un clima, dunque,

che a tredici giorni dal referendum sembra quello di diversi anni fa. Con la magistratura che è ritornata con decisione in prima linea, probabilmente nella convinzione che davvero si voterà non più tardi di giugno del 2017.

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