Qualche tricolore sui balconi c'è ancora. A tre settimane dalla festa di piazza per il trionfo della Nazionale agli Europei, quando la sbornia è ormai definitivamente passata, l'Italia si rimette ad urlare. Forte, fortissimo: a squassare il silenzio delle città bollenti e mezze vuote della prima domenica di agosto, a far girare le teste sotto gli ombrelloni, a rompere la pace di chi ha scelto la montagna. Niente caroselli e colpi di clacson che per ore tentano di rompere il muro del suono, persi chissà dove trombette e petardi. Ma l'urlo arriva.
Dall'inizio delle Olimpiadi si percepiva una sorta di diaframma tra gli italiani e i Giochi. Complice il recente eccesso di entusiasmo, certo, aggiungeteci pure una spruzzatina di medaglie di metallo «non nobilissimo» a complicare l'assunto. Non per i puristi e gli adoratori di Olimpia, per carità, qui si parla delle vaste schiere che non distinguono il dressage dal salto a ostacoli, una spada da un fioretto, il trap dallo skeet. Ma poi è arrivata la domenica dei miracoli, della leggenda azzurra, i dieci minuti che tutti racconteranno per filo e per segno, con ancora mezzo luccicone agli occhi mentre la moglie scuoterà leggermente la testa come si fa con i bambini monelli: «Di quella domenica mi ricordo tutto. Dov'ero, cos'ho mangiato e a cosa pensavo. E ho urlato così forte che la signora di sotto ha chiamato i carabinieri...».
Un'emozione «come quella degli Europei» - confessano anche i calciofili più accaniti - perché giunta da due specialità di tutti e per tutti. Fosse solo per l'iniziativa di un professore scriteriato nell'ora di ginnastica alle medie, chiunque si è cimentato in uno sprint da lasciare senza fiato o in uno di quei complicati salti all'indietro sul materassone dell'alto. O semplicemente corre ogni mattina per prendere la metro e presentarsi puntuale al lavoro o salta per arrivare alla mensola dei libri, quella in alto.
Non c'è solo il calcio, l'Italia non aspettava altro. E adesso che se n'è accorta gonfia il petto, si spella le mani e si arrochisce l'ugola. Per questa domenica dei miracoli, che resterà dipinta di blu. Anzi d'azzurro.
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