Salvini chiude i porti a Sea Eye. E ora l'ong vuole andare a Malta

La nave Alan Kurdi chiede a Malta lo sbarco immediato. Intanto, il ministro Salvini è stato chiaro: i porti italiani restano chiusi

Salvini chiude i porti a Sea Eye. E ora l'ong vuole andare a Malta

La nave Alan Kurdi della ong tedesca Sea Eye in Italia non entra. Matteo Salvini è stato chiaro. Dopo che che le famiglie si sono rifiutate di separarsi per far sbarcare a Lampedusa due bambini con le madri, come richiesto dalle autorità italiane, il ministro dell'Interno ha augurato loro "buon viaggio verso Berlino". E ora a farsi carico dei 64 migranti a bordo dell'imbaracazione sarà la Germania. O almeno così dovrebbe essere, anche se sicuramente la Merkel opterà per una "soluzione europea", magari redistribuendo tra le altre capitali del Vecchio continente il carico di immigrati raccolto dalla Ong.

E mentre si parla di quale Stato dovrebbe prendersi i migranti, dalla nave Alan Kurdi arriva un tweet diretto a Malta. "Quinto giorno sulla Alan Kurd. Il tempo peggiora. Speriamo che le menti della politica si calmino presto per fare ciò che è umano. Salvare vite umane. Per favore signor Muscat, ci aiuti", scrive la Ong tedesca tramite il suo profilo social ufficiale.

L'appello, quindi, è rivolto direttamente al premier maltese, Joseph Muscat. Anche perché l'Italia è stata piuttosto chiara.

E dopo il primo tweet di aiuto, dalla ong tedesca arriva un altro appello rivolti a tutti gli Stati europei, con un particolare riferimento all'Italia. "Denunciamo con fermezza questo approccio e chiediamo all'Italia di applicare ai migranti e rifugiati gli stessi diritti umani usati per i cittadini Europei - ha detto Carlotta Weibl, portavoce della Sea Eye -. Le scorte di cibo e acqua si esauriranno a breve e la situazione medica potrebbe deteriorarsi rapidamente una volta che la tempesta prevista arriverà - dicono dall'imbarcazione -. Esortiamo pertanto gli Stati membri europei ad agire in nome dell'umanità e nel rispetto dei diritti umani".

I membri della ong, quindi, si rifanno al maltempo e al cibo che inizia a scarseggiare sperando nell'appoggio di un porto sicuro: "Gli accordi ad hoc non sono un approccio sostenibile e non possono essere stipulati sulla pelle di 64 persone che sono appena scampate alla morte e all'annegamento. Il salvataggio delle persone in difficoltà dovrebbe essere effettuato indipendentemente dalle agende politiche dei singoli Stati. Tuttavia sembra che la soluzione alla nostra situazione possa essere solo politica".

"Siamo diventati dipendenti -prosegue Sea Eye- dai negoziati tra gli Stati membri dell'Unione europea e ciò rappresenta una inaccettabile distorsione e violazione del diritto applicabile alle operazioni

SAR. Questa posizione, dove si rischia di essere arrestati se si segue la legge e si fa ciò che è giusto, mentre si è costretti a prolungare la sofferenza delle persone facendo ciò che gli Stati richiedono, ci fa soffrire".

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