Il Senato respinge la sfiducia alla Santanchè. "Ho detto la verità"

Va, de plano, come doveva andare: a larga maggioranza (111 a 67) il Senato boccia la mozione Cinque Stelle-Pd e riconferma la fiducia alla ministra Daniela Santanché

Il Senato respinge la sfiducia alla Santanchè. "Ho detto la verità"
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Va, de plano, come doveva andare: a larga maggioranza (111 a 67) il Senato boccia la mozione Cinque Stelle-Pd e riconferma la fiducia alla ministra Daniela Santanché, che esce dall'aula ostentando un sorriso raggiante: «È una bellissima giornata».

La maggioranza si compatta per blindarla (almeno per il momento), le opposizioni si dividono e litigano come da copione. I grillini si indignano contro il Terzo Polo di Renzi e Calenda, che ha deciso di non partecipare al rito «sterile» delle mozioni di sfiducia ed è uscito dall'aula senza votare: «Avete fatto la stampella del governo, siete complici!», strilla Giuseppe Conte. «Comportamento vergognoso», aggiunge zelante Stefano Patuanelli. Carlo Calenda risponde per le rime: «Vergognoso se mai è il regalo che avete fatto a Meloni e Santanché. Che oggi esce rafforzata dalla vostra sconfitta prevista e prevedibile. Il tutto per poter agitare una bandierina bucata. Complimenti». Il Pd, che - per le ragioni apertamente espresse da Calenda - avrebbe ampiamente preferito evitare l'inutile voto di ieri, ma che si è accodato a Conte per paura di farsi additare anch'esso come «stampella», tace.

Così in aula, in attesa dell'esito già scritto di cui tutti sono consapevoli, va in scena una commedia delle parti, con buffi rovesciamenti di fronte: il leghista Massimiliano Romeo che, con voce accorata, si duole dell'abitudine alla «delegittimazione reciproca» tra avversari politici; il grillino Patuanelli che giura: «A noi non interessano le inchieste della magistratura, ma la discrasia delle condotte rispetto al giuramento». Discrasia, nientemeno. Meno male che a fare il grillino d'antan, animando la seduta, ci pensa l'esagitato Ettore Licheri, che urla «pagliacci, cosa ridete pagliacci!» ai senatori di centrodestra che mostravano ilarità durante il suo intervento. Urla e strepiti, il presidente La Russa richiama Licheri all'ordine: «Si risparmi le offese ai colleghi».

Prende la parola anche la diretta interessata: Daniela Santanchè, in total-gessato blu (gessato la giacca, gessato il pantalone, gessato pure il gilet) è in piedi sul banco dei ministri e parla con voce pacata. Da un lato ha Anna Maria Bernini (in gessato pure lei) e dall'altro Matteo Salvini immerso in interessantissime carte su cui prende assiduamente appunti senza alzare il capo. Il capogruppo Pd Francesco Boccia ironizza fuori dall'aula: «Il fatto che Salvini le sedesse accanto non vuol dire un granchè, politicamente: vi ricordate che sedeva anche a fianco di Conte? E vi ricordate come è finita?». Santanchè tiene i toni bassi, come Palazzo Chigi ha indicato di fare: «Non intendo entrare nel merito delle inchieste pseudo-giornalistiche sul mio conto», premette. Denuncia però l'anomalia dell'avviso di garanzia a scoppio ritardato, di cui «gli organi di stampa erano a conoscenza» ma che le è stato notificato solo il 17 luglio: «Quindi ho detto la verità, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire».

La maggioranza la difende dall'assalto della mozione di sfiducia, ma gli esponenti dei partiti del centrodestra evitano di entrare nel merito delle accuse di cui è oggetto: tutti ripetono la stessa cauta formula, evidentemente concordata con il governo, secondo la quale la ministra è indagata «per atti antecedenti al suo ingresso nel governo», e non certo «nell'esercizio delle proprie funzioni». Il Pd viene strattonato dal centrodestra: «Mi meraviglia che si sia accodato al tentativo di colpire la maggioranza con questi metodi. Anche perchè i sondaggi dimostrano che più si allinea a Conte, più perde voti, mentre noi cresciamo», dice Italo Balboni di Fdi. «Stupisce l'adesione del Pd a rimorchio del populismo grillino, che rivela la sua fragilità di proposta politica», gli fa eco Pierantonio Zanettin di Forza Italia. Mentre il neo-capogruppo del Terzo Polo Enrico Borghi infierisce sui 5Stelle: «Curioso che proprio nel momento in cui il M5S trattava con Palazzo Chigi su alcune posizioni in Rai, presentava la sfiducia nei confronti del ministro Santanché. Noi non ci iscriviamo a questa operazione e ci sottraiamo a questo, che è un assist a favore di Meloni». Il dem Walter Verini chiede a Santanchè di seguire l'esempio di ministri del centrosinistra «come Iosefa Idem o Federica Guidi, che hanno difeso il proprio onore dimettendosi, eppure erano accusate di cose infinitamente minori».

Il neo-garantista Romeo, capogruppo della Lega, lamenta: «Se si pensa che basti un avviso di garanzia per far dimettere un politico, come possiamo pensare di realizzare una vera riforma della giustizia?». Poi si vota, e quando viene annunciato l'esito da tutti previsto l'aula è già deserta.

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