Senza il nuovo fondo Atlante banche venete a rischio crac

Il documento dell'operazione: "Se non c'è un intervento di sistema, sale il pericolo bail-in". Allarme del Fmi sulle sofferenze del sistema italiano

Senza il nuovo fondo Atlante banche venete a rischio crac

«In assenza di un intervento di sistema vi sarebbe un rischio concreto che le operazioni di Popolare di Vicenza e Veneto Banca non trovino pieno riscontro sul mercato, portando, in caso di mancato intervento dei consorzi di garanzia, all'assoggettamento delle banche interessate a una procedura di risoluzione e al conseguente bail-in».

Non possono essere fraintese le parole dei promotori del fondo Atlante, scritte nero su bianco nella bozza preliminare del progetto che puntellerà il sistema creditizio - con i soldi di banche, compagnie assicurative, big del risparmio gestito, fondazioni e Cdp - in vista della prossima tornata di aumenti di capitale e della pulizia delle sofferenze nei bilanci degli istituti.

La soluzione verrà varata dal governo, probabilmente per decreto, ma vede la regìa del dominus dell'Acri e della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, che ha coinvolto nel piano di salvataggio anche l'economista Alessandro Penati attraverso l'sgr Quaestio, di cui entrambi sono soci. Che si tratti di una misura di emergenza lo dimostra anche l'allarme lanciato ieri dal Fondo Monetario Internazionale che ha tagliato le stime sul Pil globale, europeo e italiano. Secondo il capo economista del Fmi, Maurice Obstfeld, uno dei problemi della crescita del nostro Paese sono proprio i crediti deteriorati delle banche: «Le autorità lo stanno affrontando», ha detto ieri.

Come sopporterà il «peso» delle sofferenze italiche il nuovo fondo Atlante? I primi dettagli cominciano ad emergere in attesa che tutta la documentazione tecnica passi al vaglio dei cda dei soggetti che vi aderiranno (quello della Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio, si riunirà oggi). La sottoscrizione delle quote dovrebbe avvenire «entro il 28 aprile», si legge nel testo della presentazione fatta nell'incontro di lunedì al Mef diffuso dal Messaggero sul suo sito (ma che fonti del governo ieri sera hanno dichiarato «non affidabile»). Il fondo dovrebbe avere una dotazione fino a 6 miliardi e una durata di 5 anni, con un possibile rinnovo per altri tre. Potrà assumere partecipazioni di maggioranza negli istituti-obiettivo ma non eserciterà «attività di direzione e coordinamento sulle banche in portafoglio». Il 30% delle risorse raccolte verrebbero destinate all'acquisto di sofferenze che gravano sulle spalle delle banche che le cederanno a prezzi di bilancio e dunque senza ulteriori perdite, «in tempi significativamente più brevi rispetto a quelli attualmente previsti dal mercato». Più in generale, l'obiettivo di Atlante sarà quello di «eliminare l'elevato sconto al quale il mercato valuta le istituzioni finanziarie italiane» (Apollo, ad esempio, ha offerto per i crediti problematici di Carige circa il 20% del loro valore di libro).

E se la Commissione Ue alzasse un cartellino rosso? Secondo la bozza, il progetto «non costituisce un aiuto di Stato in quanto siamo in presenza di un intervento volontario e il coinvolgimento di investitori partecipati dallo Stato è giustificabile alla luce del principio dell'investitore privato di mercato». Fra i big della finanza che hanno già annunciato la loro adesione al fondo c'è Mediolanum: «Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte nell'interesse generale», ha sottolineato ieri il presidente Ennio Doris. E anche l'ad di Poste, Francesco Caio, non ha escluso una partecipazione: «Vedremo come si svolge».

In Piazza Affari, intanto, la seduta non era iniziata male per le banche ma nel corso della giornata sono scattate le vendite, poi alimentate dal pessimismo del Fmi: Intesa e Unicredit hanno perso rispettivamente il 4,11% e il 5,15%, Ubi ha ceduto il 4,4%, Bpm il 3,65% mentre Mps ha chiuso in rialzo dell'1,16 per cento.

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