Sfilano in 100mila per le strade di Trento sotto il sole, con altre 300mila persone dietro le transenne ad applaudire fanfare, labari, divise, gonfaloni. Un fiume colorato attraversa la città, è il culmine dell'adunata alpina, la festa oceanica di sabato lascia il posto all'ordine e alla compostezza, a una marcia solenne che rafforza il senso di appartenenza delle penne nere. «Veci» e «bocia», truppe in attività e alpini in congedo ma in servizio permanente effettivo quando ci sia da intervenire in caso di necessità. Nel parco dove sono state erette le tribune principali si trova la maggiore attrazione di questa adunata numero 91, visitata da decine di migliaia di persone, cioè la cittadella della protezione civile alpina in cui la capacità di soccorso militare si unisce alla forza della mobilitazione dei congedati. Sono 13mila i volontari sempre pronti a partire e in grado di allestire contemporaneamente 3 centri di accoglienza, con posti letto, ospedali da campo e cucine.
È una fetta di Italia che marcia, padri e figli, vecchi e giovani, gente in divisa e uomini in camicia a quadrettoni, ex combattenti e ragazzi che hanno imbracciato armi soltanto nelle esercitazioni, crocerossine, persone paraplegiche, sindaci, e dietro le transenne ci sono le famiglie in attesa. Sono 30 le sezioni estere, l'interminabile corteo comincia con i più lontani, gli australiani, e si chiude con i padroni di casa, i trentini, che si muovono nel pomeriggio. In testa avanza lo striscione con lo slogan di quest'anno: «Per gli alpini non esiste l'impossibile». Più che un'esibizione di muscoli è uno slancio morale, l'invito a non fermarsi davanti alle avversità e alle fatiche. La sollecitazione viene anche da lontano, da Roma, dove papa Francesco dopo aver recitato il Regina Caeli domenicale ha rivolto un «pensiero speciale» agli alpini: «Li incoraggio a essere testimoni di carità e operatori di pace sull'esempio di Teresio Olivelli, alpino, difensore dei deboli, recentemente proclamato beato».
Operatori di pace. Tra i primi a sfilare c'è anche la Croce nera austriaca, ovvero l'associazione che si occupa di curare i cimiteri di guerra austroungarici e di tenere viva la memoria dei loro caduti. È una presenza importante in una manifestazione celebrata nei cento anni dalla fine della Grande guerra e preceduta dalle polemiche degli autonomisti sudtirolesi, nostalgici di un passato improponibile, e degli anarchici di casa nostra, per i quali gli alpini sono solo una manica di guerrafondai. La stessa presenza di Sergio Mattarella suggella la riconciliazione. Da 21 anni non c'era il capo dello Stato alle adunate degli alpini, l'ultimo era stato Oscar Luigi Scalfaro nel 1997.
Mattarella, che tra il 1999 e il 2001 fu ministro della Difesa, è arrivato a Trento da Dogliani in elicottero sabato sera ed è stato accolto da centinaia di persone davanti all'albergo in cui ha alloggiato con il seguito. Ieri mattina, prima di sedersi nella tribuna d'onore, ha reso omaggio al mausoleo di Cesare Battisti sul Doss Trento e poi ha deposto due corone di fiori al cimitero monumentale cittadino, la prima all'ossario con i resti di ottomila caduti austroungarici e successivamente al monumento ai caduti italiani. Con lui la presidente del Senato Casellati, la ministra della Difesa Pinotti e i vertici delle Forze armate. Poi, mentre in cielo volano le Frecce tricolori, si è concesso il bagno di folla in piazza Dante.
«È stato colpito dal senso di comunità, da un popolo che si vuole bene - ha riferito la ministra Pinotti -, da questa invasione pacifica in una città tutto sommato contenuta, eppure senza nessun problema e senza isterismi tra la gente».
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