Un debito di settecentoquindicimila euro con il fisco. E un quadro di Vittorio Zecchin, inizio Novecento, che sarebbe stato intestato alla fidanzata Sabrina Colle proprio per sfuggire ai radar del fisco. Per queste ragioni la procura di Roma chiede il rinvio a giudizio di Vittorio Sgarbi imputandogli la violazione delle leggi tributarie, in particolare per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L'ex sottosegretario alla Cultura parla di un atto «totalmente insensato». E spiega al Giornale: «Nel 2020 la mia fidanzata Sabrina si infatuò di un'opera di questo maestro che riprende la maniera di Klimt. È un pittore minore e il quadro si chiama Il giardino delle fate. Io con quell'acquisto non c'entro niente, lei ne parlò con il banchiere Corrado Sforza Fogliani, oggi scomparso, che finanziò l'operazione, versando i soldi necessari sul suo conto. Infatti, Il giardino delle fate è notificato a suo nome, oltre ad essere vincolato». Insomma, si tratterebbe di una scelta di Sabrina e Sgarbi porta a sua difesa un altro elemento: «Io in quel periodo ho comprato altri quadri e l'ho fatto alla luce del sole, anche perché non avevo niente da nascondere».
Dunque, non c'è per la difesa alcun magheggio per far sparire beni che l'Agenzia delle entrate avrebbe potuto aggredire per recuperare i debiti. Quei 715.000 euro contestati. Non basta. L'avvocato Giampaolo Cicconi, legale storico dell'ex sottosegretario, va anche oltre: «Si puó discutere all'infinito dell'episodio relativo al quadro, anche se noi abbiamo fornito una spiegazione che ci pare esauriente. Ma devo aggiungere che manca la premessa dell'eventuale illecito penale: con l'adesione alla rottamazione ter e poi alla rottamazione quater Sgarbi ha iniziato a pagare tutti i debiti contestati in quel 2020 e sta versando un canone mensile per coprire, rata dopo rata, tutto quel debito».
Insomma, mancherebbe la materia del contendere. Il critico d'arte non è, non era in quel momento un contribuente in fuga dal fisco ma ha affrontato tutte le pendenze che gli venivano contestate per onorare quel debito.
In ogni caso, fanno notare i suoi legali, Sgarbi ha una strepitosa collezione di opere d'arte, un museo personale che vale milioni di euro e dunque non si capisce perché avrebbe dovuto inventarsi quella triangolazione con la fidanzata per aggirare l'erario proprio su un singolo dipinto di modesto valore. «La storia di questo quadro non mi appartiene - insiste Sgarbi col Giornale - ma poi la verità è che avevo iniziato a pagare le tasse e sto mantenendo l'impegno preso. Ecco perché definisco incomprensibile la volontà di chiedere il mio rinvio a giudizio per un reato che sicuramente evaporerà davanti al gip. Sono convinto che alla fine dell'udienza preliminare il gip archivierà l'accusa e il processo non ci sarà». Si vedrà. Un mese fa lo scrittore e polemista si era dimesso da sottosegretario per via degli onorari percepiti dopo aver accettato il delicato incarico di governo, ritenuto incompatibile con la professione privata. Sgarbi aveva polemizzato con il ministro Gennaro Sangiuliano, poi aveva lasciato il prestigioso incarico. Ora ecco quest'altra grana.
Ma anche l'avvocato Cicconi, che lo assiste da almeno un quarto di secolo, è ottimista: «Onestamente, le accuse mi paiono deboli, anzi inconsistenti, e sono convinto che all'udienza preliminare faremo valere le nostre ragioni».
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