Il 6 luglio gli era stato notificato l'avviso di conclusione indagini in relazione all'omicidio di suo figlio e lunedì il gip di Varese aveva reso noto il rigetto della perizia psichiatrica richiesta dal proprio avvocato, Stefano Bruno, a suo carico, stabilendo che le modalità con cui il killer aveva commesso il reato erano talmente chiare da non rendere necessario l'esame.
Per oggi inoltre l'imputato avrebbe dovuto affrontare la discussione in abbreviato per il tentato omicidio di un suo collega, nel 2021. Così, l'altra notte Davide Paitoni, 40 anni - che il primo gennaio a Morazzone, in provincia di Varese, aveva ucciso Daniele, il suo bambino di 7 anni e qualche ora prima, tentato di ammazzare la madre del piccolo - ha deciso di farla finita e si è tolto la vita nella sua cella di San Vittore, strangolandosi con un cappio al collo e un cerotto sul naso. L'uomo avrebbe lasciato un biglietto, sul cui contenuto c'è massimo riserbo.
«Ognuno faccia i conti con la propria coscienza» ha commentato ieri il legale del morto, l'avvocato Bruno, con Il Giornale, sostenendo di riferirsi in primo luogo a se stesso. E ha aggiunto: «Chiunque si sia affacciato su questa vicenda deve riflettere pensando se ha fatto tutto quello che poteva. Appena arrivato in carcere Paitoni era sotto stretta sorveglianza 24 ore su 24, poi anche grazie alla somministrazione di farmaci e alla sua linea di condotta pacata, l'amministrazione carceraria aveva allentato la presa e lo aveva messo in cella con un altro. Negli ultimi tempi però, per ragioni legate alla pandemia, Davide Paitoni era solo in cella. Io gli stavo vicino più come conforto morale che come avvocato perché avevo grosse difficoltà a entrare in comunicazione con lui. Volevo farlo interrogare, ma non riuscivo a mettere insieme nulla perché ogni volta che si arrivava a parlare dell'uccisione del figlio, Paitoni entrava in un loop di dichiarazioni deliranti».
«L'ho sentito lunedì - conclude il legale -. Abbiamo commentato l'ordinanza con cui gli veniva negata la perizia psichiatrica: era molto amareggiato».
Sul suicidio di Paitoni sono in corso degli accertamenti da parte del pm di turno, Stefano Ammendola che ha disposto l'autopsia sul cadavere. Nel frattempo sono stati effettuati i rilievi della Scientifica nella cella del carcere milanese di San Vittore dove nella notte il 40enne si è tolto la vita.
Quando ha ucciso il suo bimbo Davide Paitoni era ai domiciliari, ospite a casa del padre, a Morazzone, dopo che aveva cercato di ammazzare a colpi di taglierino un collega nel parcheggio della ditta dove lavorava. La tragedia si era consumata appunto a casa del nonno del piccolo. «Mi dispiace, perdonami papà» diceva il biglietto lasciato dal killer al padre sul cadavere del bambino, rinchiuso in un armadio. Un breve messaggio nel quale l'uomo aveva confessato l'omicidio del piccolo e manifestato il «grande disprezzo» per la moglie.
Quindi, in un altro messaggio, stavolta vocale e inviato su WhatsApp, lo aveva avvertito di aver fatto del male a Davide («Lo so fa schifo uccidere il proprio figlio») insistendo affinché l'uomo non guardasse nell'armadio. Quindi Davide Paitoni era scappato e i carabinieri lo avevano catturato più tardi quasi al confine con la Svizzera, a Viggiù.
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