Sharon, preso l'uomo in bici. "L'ho uccisa tanto per fare"

Fermato l'assassino: 31 anni, italiano di origini maliane. Ha confessato: "L'ho vista e colpita". Contestata la premeditazione: aveva 4 coltelli

Sharon, preso l'uomo in bici. "L'ho uccisa tanto per fare"
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Lo hanno sempre detto papà Bruno, mamma Maria Teresa e il compagno Sergio. Sin da subito. «È stato uno sconosciuto». Avevano ragione, anche se pareva così difficile da credere. Ma nel giro di poche ore ogni tassello è tornato al suo posto. Proprio tra il 29 e il 30 agosto. Proprio un mese dopo l'omicidio di Sharon Verzeni. Ad uccidere la ragazza, uscita quella notte del 30 luglio solo per fare una passeggiata al fresco intorno a casa a Terno d'Isola, è stato Moussa Sangare, 31enne disoccupato residente a Suisio, vicino paese nella Bergamasca. Uno sconosciuto. La ragazza «si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato», è l'atroce ma efficace sintesi della procuratrice di Bergamo Maria Cristina Rota. L'identità, il motivo, l'arma del delitto, i vestiti del killer, la bicicletta. Tutto è riemerso nel giro di poche ore, come quei pezzi fondamentali che mancano per poter completare un puzzle. La svolta nelle indagini è stata possibile grazie alla testimonianza spontanea di due cittadini stranieri: agli investigatori raccontano di aver incrociato Sangare quella notte. L'uomo, italiano ma di origine familiare del Mali, frequenta la piazza di Terno d'Isola e di solito si muove in bici. Il profilo sembra compatibile con quello della misteriosa figura in sella. È così che, alle 4.30 del mattino di ieri, i carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo fermano l'uomo e lo portano in caserma. Dopo qualche tentativo di depistaggio durante l'interrogatorio il 31enne, incensurato ma già indagato per maltrattamenti in famiglia, cede e confessa il delitto: «Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l'ho vista e l'ho uccisa». In qualche frangente piange, poi si dice dispiaciuto. Secondo chi ha raccolto la confessione quella notte tra il 29 e il 30 luglio l'uomo sentiva «l'impulso di accoltellare» e infatti era uscito con quattro diverse lame. Ecco perché ora la Procura contesta la premeditazione del delitto. La stessa sera, prima di colpire l'ignara barista Sangare incrocia due ragazzini - avranno avuto 15 o 16 anni - e punta il coltello verso di loro. Voleva colpire qualcuno. Poteva essere Sharon o chiunque altro. La lama usata quattro volte per ferire a morte Sharon viene trovata sepolta sull'argine del fiume Adda, tra la vegetazione. È lo stesso reo confesso a portare i carabinieri nella zona di Medolago.

In casa, dove l'uomo viveva da solo dopo che la madre e la sorella lo avevano denunciato per maltrattamento sempre con un pugnale, viene trovata la bicicletta usata la notte dell'omicidio e una sagoma di cartone usata come bersaglio per lanciare coltelli. Nessun movente, dunque. Non ci sono motivi religiosi o razziali alla base del delitto. Solo un impulso. Il killer aveva iniziato una carriera da cantante partecipando a X Factor, poi nel 2016 ha collaborato al brano «Fenomeno» del rapper Ernia e il suo nome d'arte - Moses Sangare - compare anche tra i crediti del brano «Scusa» di Izi. Nel videoclip, mentre indossa un completo nero, canta: «Scusa se non riesco mai a cambiare». Dopo un periodo negli Usa rientra, ma i vicini lo vedono diverso: litiga, si droga, incendia casa. Per l'avvocato di Sangare, Giacomo Maj, «è molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica. È un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze e un'eventuale richiesta di perizia, ma è un aspetto rilevantissimo».

Per la pm, invece, Sangare avrebbe mostrato lucidità.

«Siamo sollevati, questo spazza via tutte le speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon», è il sassolino che la famiglia Verzeni si toglie dalla scarpa. Poi il monito: «Vogliamo che l'assurda e violenta morte di Sharon non sia vana e provochi in tutti maggiore sensibilità al tema della sicurezza del nostro vivere».

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