La sinistra si tiene tre metropoli ma rischia a Roma. Il Pd si mangia i 5s

Larga vittoria al primo turno a Milano (Sala), Napoli (Manfredi) e Bologna (Lepore). Centrodestra al ballottaggio nella Capitale con Michetti davanti a Gualtieri. A Torino Damilano cerca la rimonta

La sinistra si tiene tre metropoli ma rischia a Roma. Il Pd si mangia i 5s

Dunque, in sintesi, «Michetti chi» è in testa a Roma, Damilano conduce la corsa a Torino e lo stesso fa Dipiazza a Trieste. Ma insomma, alla fine del primo tempo siamo tre a zero per il centrosinistra: a Milano, Napoli, Bologna la partita si è già chiusa con la vittoria di Sala, Manfredi e Lepore, che hanno doppiato gli avversari. Non solo: stando alle proiezioni, il Pd con il 16,4 per cento a Roma e il 33 a Milano è il partito più forte nelle grandi città.

Sono tornati i giallorossi, stavolta più rossi che gialli? «Abbiamo perso per demeriti nostri», ammette Matteo Salvini. Battuta d'arresto per il sovranismo, questo il commento a caldo del Palazzo. Il centrodestra, che va meglio dove riesce ad agganciare il centro e si presenta con un profilo moderato, può però sperare nel ballottaggio, tra 14 giorni: i suoi candidati sono in vantaggio, favoriti. E intanto porta a casa la Calabria, dove Roberto Occhiuto, Forza Italia, trionfa su Bruni e De Magistris. Crisi nera per i grillini, ormai quasi irrilevanti, svuotati dal Pd, puniti dagli elettori dove hanno governato, con la Raggi e l'Appendino, nelle città vetrina della decrescita felice e del no a tutto, dalla Tav alle Olimpiadi.

E ancora: si aprono spazi al centro del villaggio, come dimostra il buon risultato di Carlo Calenda. «Esiste un'area di riformismo pragmatico - dichiara - che non si accontenta dell'offerta politica attuale e che con la nostra lista ha avuto un'affermazione senza precedenti». Si tratta quanto meno di suggestioni, di ipotesi di lavoro in chiave nazionale, che potrebbero nelle prossime settimane essere rafforzate da una riforma elettorale proporzionale e dalla partenza della corsa per il Quirinale. Il ruolo dei moderati sarà determinante per l'elezione del nuovo capo dello Stato ma anche tra due settimane per il secondo turno delle amministrative. «Si vince se si allarga la coalizione», spiega Enrico Letta, neo deputato di Siena. Vale per tutti.

La partita più importante, e anche la più aperta, si svolge nella Capitale. Quattro sfidanti forti, la sindaca uscente data in rimonta, un outsider trasversale come l'ex ministro dello Sviluppo del governo Renzi. Calenda, che guida un partito del tre per cento e che ha ricevuto l'endorsement del numero due della Lega Giancarlo Giorgetti, draga a sinistra consensi a Roberto Gualtieri e qualcosa pure a destra a Enrico Michetti. Alla fine sfiora il 20 per cento, a un soffio da Virginia Raggi, la grande sconfitta. A chi andranno i suoi voti? Ce la farà Gualtieri a recuperare su Michetti? Che peso avrà l'astensione? A Roma, come peraltro a Milano, si affaccia ai seggi meno della metà dei cittadini. Il cappotto a Milano e Napoli pesa, Salvini già parla di «autocritica» ma il giudizio finale della tornata amministrativa passerà pure dall'esito di questa sfida.

«Abbiamo sbagliato i candidati - dice Maurizio Lupi - sembravano le selezioni di X Factor». E se sulle rive del Tevere, nonostante gaffe e infortuni, quello scelto da Giorgia Meloni è comunque in vantaggio di quattro punti e mezzo, lo stesso non si può dire per Luca Bernardo, indicato da Salvini e surclassato da Sala. Tiene botta invece a Torino Paolo Damilano, voluto da Giorgetti. Scandagliando poi nelle prime rilevazioni dei risultati delle liste dei partiti, ci si accorge del mezzo sorpasso a destra: 15,6 per cento a Roma, dieci a Torino, tredici a Bologna. Tranne Milano, Fratelli d'Italia è sempre davanti al Carroccio. Forza Italia invece, con il 18,2, è il primo partito della Calabria.

Male dappertutto il M5s. A Roma in cinque anni i grillini sono passati dal plebiscito per la Raggi, 64 per cento, al 17 complessivo di oggi. Giuseppe Conte dovrà regnare sul deserto. «Questo per il Movimento è il momento della semina e non del raccolto, il nuovo corso è appena partito», si difende l'ex premier.

Matteo Renzi lo prende in giro così: «Una splendida giornata. Ironizzavano sui nostri sondaggi, invece le liste di Italia Viva sono spesso decisive per l'elezione dei sindaci. E quasi ovunque sono davanti a quelle dei Cinque Stelle».

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