È la piccolissima fiammiferaia di Aleppo, senza fiammiferi ma piena di inservibili coperte. Si chiama (anzi si chiamava) Imam Mahmoud Laila e il suo volto trasfigurato dal gelo e dagli stenti, nella sua ultima foto che qualcuno ha pixelato e qualcuno no, ha la potenza espressiva della maglietta rossa addosso al corpicino steso del treenne Aylan Kurdi, trovato annegato nel settembre 2015 sul bagnasciuga di una spiaggia turca, dove quelli della sua età in mano dovrebbero avere un secchiello e non la vita che gli sgocciola via. Un aggiornamento della Spoon River infantile delle guerre di ogni dove, odissee troppo vaste per essere recitate anche dai grandi.
Imam, Aylan. Martirologi vinconografici che ci perlustrano le coscienze, anche quelle che lavorano a intermittenza come certi neon di periferia. E hanno bisogno di drammatiche semplificazioni per scuotersi dal torpido cabotaggio dell'anima. Imam aveva un anno e mezzo ed è morta di freddo. Un nemico insidioso ma comune che chiunque avrebbe il diritto di combattere con cose che costano poche decine di euro, una stufa, una coperta, un maglione pesante. Chiunque ma non lei, che viveva in una tenda senza riscaldamento in un campo vicino al villaggio di Ma'rata, nel governatorato di Aleppo, dopo essere stata costretta con la sua famiglia a lasciare la Ghouta orientale, alla periferia di Damasco, squassata da una feroce battaglia tra i ribelli e le forze del regime, in Siria. Siria che d'inverno sa essere un presepe molto freddo, con la neve e il vento che ghiacciano i pensieri, e alla fine una tenda è peggio di una grotta, anche perché il bue e l'asinello hanno dato buca. Imam si era ammalata, si era buscata una brutta bronchite. Il padre in questo presepe tragico non ha fatto la statuina ma ha provato la parte dell'angelo: ha cercato di coprire la bimba come poteva, rimediando coperte, maglioni, sacchi di plastica. Quando non aveva più nulla con cui avvolgerla ha abbracciato forte Imam cercando di trasmetterle il poco calore del suo corpo. E alla fine l'ha portata all'ospedale Al-Shifa di Afrin, distante pochi chilometri. Ma chilometri di neve, ghiaccio, macerie, buche, strade che poi non sono strade. Così Imam è arrivata all'ospedale già morta.
Come era morto congelato qualche giorno fa Abdul Wahhab Ahmad al-Rahhal, che aveva poche settimane, anche lui in fuga assieme ai genitori dai raid e dalle bombe. Non vogliamo più vedere foto come quelle, pixelate o meno. Ma le vedremo ancora, oh sì che le vedremo ancora.
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