La Slovenia toglie il filo spinato: disturba i turisti

Palizzate al posto delle reti anti-profughi. Già rimpiazzati undici chilometri

Il filo spinato posizionato dagli sloveni al confine con la Croazia
Il filo spinato posizionato dagli sloveni al confine con la Croazia

Basta muri: disturbano i turisti. Di fronte alla prospettiva di un'estate al verde, anche il timore di un'invasione di migranti è passato in secondo piano. E la Slovenia ha abbozzato una retromarcia. Timida, già in atto: via il filo spinato, sgradito ai vacanzieri. Al suo posto una staccionata. Che non guasta il panorama e non fa strage di selvaggina, come lamentavano i cacciatori, pure loro infastiditi. Non che dalle parti di Pirano, un pezzo d'Istria un tempo italiana ma negli ultimi vent'anni contesa tra sloveni e croati, di richiedenti asilo e affini sin qui se ne fossero visti molti: la scelta di sigillare il confine con la Croazia lungo le anse del fiume Dragonja, ad una ventina di chilometri dai valichi di Muggia, era stata ispirata solo dall'ansia di prevenire le mosse del vicino (ma non troppo amico) governo di Zagabria. «Il reticolato è un modo per prepararsi alla possibilità che si riprenda a indirizzare i migranti verso di noi in modo disorganizzato», spiegava a dicembre il premier sloveno Miro Cerar.

Neppure quattro mesi dopo, si cambia. Ufficialmente, per effetto dell'accordo tra Unione Europea e Turchia, che dovrebbe consentire di tener ben chiuso il corridoio balcanico. In realtà, sulla decisione, sebbene subordinata «alla verifica dell'effettiva applicazione dell'intesa», pare pesare più che altro una motivazione di carattere economico: l'Istria è un territorio ad alta densità turistica. Ed il filo spinato inquieta i villeggianti. «Non andrei in vacanza dove c'è un reticolo», commenta Ingrid Mahnic, presidente dei viticoltori dell'Istria slovena. Un concetto fatto proprio dai croati. Dal presidente della regione Istria, Valter Flego, come dai sindaci del comprensorio e finanche dai rappresentanti dell'Unione Italiana: «Una misura inutile, senza alcun effetto concreto, dannosissima sotto il profilo dell'immagine e con pesanti ripercussioni sull'industria turistica». Nell'aria, un nome pesante quanto una maledizione e perciò taciuto: Varosha. L'innominata cittadina nel secondo dopoguerra era diventata il cuore delle vacanze sull'isola di Cipro: 40.000 abitanti, 3.000 negozi, 60 residence, 45 hotel, 10.000 posti letto.

Poi, nel '74, l'occupazione turca e una barriera a tagliare in due la città, presto divenuta fantasma coi suoi 380 edifici in costruzione mai ultimati.Uno scenario che non si ripeterà ora sulle sponde del Dragonja: come confermato dal ministero della difesa sloveno, al posto del filo spinato comparirà una palizzata di legno. «Una staccionata da giardino», ironizza l'agenzia di stampa croata Hina, secondo la quale lo steccato farà la sua comparsa in quelle aree «dove il turismo è un'attività importante per l'economia di entrambi i Paesi». Al momento, precisano da Lubiana, già 11 chilometri di reticolato sarebbero stati rimpiazzati, per una spesa di più di un milione. Mille euro al metro, pur di non sfigurare.

E i profughi? «Qui non ce ne sono», dice il presidente della comunità locale del Municipio di Sicciole, Denis Fakin. Dovessero arrivare, un giorno, ad attenderli troveranno una civilissima staccionata e tanti turisti: il club resort Vecchio Continente.

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