Agosto, coalizione mia non ti conosco. Elly Schlein è desaparecida (c'è chi la dà ancora in Svizzera dalla famiglia e chi dice di averla avvistata a Barcellona), e il campo largo va in tilt, dal Nord al profondo Sud.
In Liguria, dove un Andrea Orlando sempre più irritato per la «mancanza di consapevolezza» delle difficoltà da parte del partito attende ancora l'investitura ufficiale a candidato governatore, i Cinque Stelle mettono in pista un loro nome alternativo. A Bari, dove dopo lunghissime peripezie, scontri interni, dimissioni di assessori appena nominati e defatiganti trattative sui posti il neo-sindaco Pd Vito Leccese era riuscito finalmente a varare una giunta, i medesimi grillini ieri hanno annunciato l'uscita dalla maggioranza in cui erano appena entrati: «Daremo solo appoggio esterno».
In assenza della leader si moltiplicano i focolai di crisi e nel frattempo, lamentano in casa dem, «il segretario del Pd nonché capo dell'opposizione lo sta facendo Matteo Renzi», che impazza sui giornali e riesce a diventare l'unico protagonista dell'estate di sinistra.
In Liguria quello che - grazie al ciclone giudiziario che ha scalzato Giovanni Toti - si prospettava nelle speranze Pd come un «gol a porta vuota» sta diventando un pasticcio. L'ex ministro Orlando non nasconde la preoccupazione: c'è molto da fare e si sta perdendo tempo, si è lamentato coi suoi nelle scorse ore: «Se non sono io la soluzione, non voglio certo diventare il problema». Un modo per far capire che, se non si mette mano in fretta alla partita, decidendo una volta per tutti non solo il nome del candidato ma anche il perimetro dell'alleanza, lui potrebbe anche farsi da parte. «Invece - sospira un dirigente dem - siamo tutti qua ad aspettare Godot, appesi al ritorno di Elly, che non risponde neanche al telefono». Dell'impasse approfitta Conte, che lancia il «suo» candidato governatore, il senatore ligure (ignoto ai più) Luca Pirondini. «É il primo ostacolo serio per Orlando, insieme al rilancio di Carlo Calenda che chiede un nome 'civico'», ammettono dal Pd. Per Conte è un modo di segnalare, nella regione del nemico interno Beppe Grillo, che non si fa mettere i piedi in testa da Schlein, e che il Pd non può fare l'asso pigliatutto delle prossime Regionali: Emilia, Umbria e anche Liguria. Tanto più dopo che Elly gli ha fatto il micidiale dispetto di imporgli l'odiato Renzi come compagno di strada, mandando anche all'aria i piani di chi (da Bettini a Franceschini) lavorava per varare un «nuovo Centro», guidato da Beppe Sala e Francesco Rutelli, che avrebbe dovuto debuttare con una serie di liste civiche proprio alle prossime Regionali. Invece, zac, la segretaria ha aperto le porte a Renzi e poi si è dileguata nel solleone, lasciando partito e alleati sull'orlo di una crisi di nervi. «Lui si alleerebbe pure con Casa Pound, se gli convenisse. Ma non è più un problema mio, ora è un problema di Schlein», ironizza Calenda. Ora si attende un «chiarimento interno» a M5s, nella speranza che apra a Orlando (in cambio di sostanziose contropartite), e poi un «tavolo nazionale» che ufficializzi l'apertura della campagna elettorale: «Se il centrodestra riuscisse a organizzarsi prima di noi, nonostante la batosta, tornerebbe tutto in salita», mugugnano in casa dem.
A Bari la situazione è ancora più surreale: ieri la seduta inaugurale - a due mesi dal voto - del Consiglio comunale avrebbe dovuto celebrare la nuova giunta, faticosamente messa insieme da
Leccese, è stata rovinata dai 5S: «Non riconosciamo come nostro l'assessore Diomede da lui nominato. E usciamo dalla maggioranza», hanno annunciato a sorpresa in aula. L'assessore ex 5s salta, e la giostra sui posti si riapre.
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