"È solo per necessità". Sea Watch ignora gli alt e arriva a Lampedusa. Il governo: "In arresto"

La comandante della nave entra in acque italiane: "Ora arrestateci tutti". E scatta il soccorso rosso del Pd: parlamentari sull'isola

"È solo per necessità". Sea Watch ignora gli alt e arriva a Lampedusa. Il governo: "In arresto"

Ragusa - I 42 immigrati raccolti in mare dalla Sea Watch 3, dopo 14 giorni di vita sulla nave, sono arrivati a Lampedusa. «Entriamo. Non per provocazione, ma per necessità, per responsabilità» ha scritto in un tweet il comandante Carola Rackete prima di forzare il blocco. «Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo». E, in conversazione via radio con la Capitaneria di Lampedusa che la informava della mancata autorizzazione a entrare in acque italiane, ha risposto risoluta: «Il tempo di arrivo stimato per l'altro porto è di due ore». «Atto ostile» accusa il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Ma l'altro vicepremier Luigi Di Maio avverte: «Io non ho tutte le risposte. Ma se dovremo passare tutta l'estate a litigare con le Ong abbiamo già perso».

Appena la nave ha varcato le acque italiane, a 12 miglia dalla costa, una motovedetta della guardia di Finanza ha intimato l'alt, ma la Sea Watch non si è fermata. Secondo la Ong è stata una scelta obbligata: «L'Europa ci ha abbandonati». Le Fiamme gialle hanno continuato a intimare l'alt, ma la nave ha tirato dritto fino alla meta, restando in attesa che il traghetto diretto a Porto Empedocle liberasse il posto. «Mi sembra un'evidente flagranza di reato commenta Salvini - Se qualcuno non si ferma alla paletta dei carabinieri viene fermato e arrestato e mi chiedo perché non ci sia un identico intervento ora». E ancora: «Schiero la forza pubblica, il diritto alla difesa dei nostri confini è sacra».

L'azione di Rackete avrà conseguenze, come previsto dal dl Sicurezza bis, a cominciare da una sanzione che va da 10mila a 50mila euro, per cui non solo la Ong ha già provveduto con una raccolta fondi, ma si è fatta avanti anche la Ong Mediterranea per coprire le spese, e poi ci sarà la denuncia penale per il comandante e il sequestro della nave. «Chi se ne frega delle regole ne risponde, lo dico anche a quella sbruffoncella della comandante che fa politica sulla pelle degli immigrati pagata non si sa da chi dice in diretta Facebook Salvini - Se qualcuno pensa che le leggi sono barzellette pagherà fino in fondo». Ma mentre il Viminale fa la voce grossa per far rispettare il decreto e coinvolgere l'Ue - e Salvini ha sentito il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, perché chiedano ai governi olandese e tedesco di interessarsi al caso - la sinistra buonista tifa Sea Watch, e il Pd ha fatto comparsa a Lampedusa, con i parlamentari Graziano Delrio, Davide Faraone, Matteo Orfini e Fausto Raciti, solidali con Ong e migranti. «Il sindaco di Lampedusa ha confermato che ci sono sbarchi tutti i giorni. Si accendono i riflettori solo quando ci sono le Ong» - Nicola Zingaretti scrive a Conte chiedendo un incontro sulla vicenda. «Affondate la nave illegale» dice la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.

I commenti si susseguono, mentre Salvini tenta il tutto per tutto per destare l'attenzione dell'Ue: «Siamo pronti a non identificare più i migranti che arrivano in Italia, così saranno liberi di andare dove meglio credono, a Mykonos o Ibiza». E ancora: «Se in Europa esiste qualcuno ora lo dimostri, se c'è governo ad Amsterdam con un po' di dignità lo dimostri». Anche per Luigi Di Maio l'Europa «deve svegliarsi e rivedere Dublino». La Ue, intanto, ha fatto sapere che è in contatto con diversi Stati membri per la ricollocazione degli immigrati della Sea Watch. «Io non do autorizzazione allo sbarco a nessuno, non la darò mai, nessuno pensi di poter fare i porci comodi suoi. I governi di Olanda e Germania ne risponderanno, sono stufo» dice Salvini, che evidentemente chiede prima dello sbarco una certezza su dove andranno i passeggeri della nave «pirata» giunta a Lampedusa come sembrava volesse fare sin dall'inizio del caso, quando effettuò un'operazione di recupero in mare di immigrati snobbando il porto messo a disposizione dalla Libia, ritenuto «non sicuro», e altre possibili mete come Tunisia e Malta.

Certo, non aveva previsto che non ci sarebbero stati i venti propizi, come in passato, di una magistratura che impone lo sbarco per aprire un'inchiesta poi conclusasi con un nulla di fatto e la restituzione della nave, ma che si presentassero, piuttosto, due circostanze avverse, ovvero il rigetto del Tar del Lazio del ricorso della Ong sul divieto di ingresso, transito e sosta per la nave in acque italiane, e quello della Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo agli immigrati che chiedevano di sbarcare.

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