Ragusa. Una sedia vuota. «Messina Denaro Matteo. Detenuto assente». Le parole della presidente della Corte di Assise di Appello, Maria Carmela Giannazzo, dall'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, dove l'ultimo stragista del '92 e '93 si sarebbe dovuto collegare in videoconferenza dal carcere di massima sicurezza dell'Aquila in cui si trova rinchiuso, fiaccano la speranza di chi abbia voglia di fare luce sulle stragi di Capaci e di via D'Amelio. Ma si continuerà a sperare fino all'ultimo.
Si trattava dell'udienza conclusiva del processo d'appello in cui Messina Denaro è imputato come mandante delle due stragi in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la moglie di Falcone, Francesca Morvillo, e le scorte. Per Messina Denaro sarebbe stata la prima udienza in presenza, vista la lunga latitanza che lo ha tenuto lontano dalle aule giudiziarie per 30 anni, e si sarebbe svolta in un giorno significativo come quello del compleanno di Borsellino, che oggi avrebbe compiuto 83 anni. In primo grado il boss è stato condannato all'ergastolo. Ieri Messina Denaro (che ha chiesto una visita medica facendo slittare la prima seduta di chemioterapia) ha formalizzato la nomina dell'avvocato Lorenza Guattadauro, sua nipote in quanto figlia della sorella Rosalia e dello storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. La decisione è stata comunicata nel corso dell'udienza nella quale la legale è stata sostituita dall'avvocato d'ufficio Salvatore Baglio, che ha seguito il primo grado e che ha chiesto la concessione di un termine a difesa rappresentando che la notifica dell'ordinanza cautelare all'imputato e la contestuale nomina dell'avvocato di fiducia era avvenuta in quel momento. L'udienza, in cui è prevista la discussione, è fissata per il prossimo 9 marzo. Una discussione però era già pronta. L'avevano preparata l'avvocato Baglio, aiutato dal collega Giovanni Pace, che in questi anni hanno difeso il super latitante, ma non lo hanno incontrato prima dell'udienza. Cosa avrebbero detto? «Non siamo d'accordo sulla responsabilità penale di Matteo Messina Denaro in merito alle stragi di cui è chiamato a rispondere in questo processo dice l'avvocato Pace - Non era così alto in grado da partecipare alla fase deliberativa». Parole che probabilmente saranno pronunciate il 9 marzo dalla legale di fiducia. «La Corte e la procura aggiunge l'avvocato d'ufficio ovviamente la pensano diversamente, prova ne è la sentenza di primo grado di condanna all'ergastolo». Condanna di cui il procuratore generale facente funzione di Caltanissetta, Antonino Patti, ha chiesto ieri la conferma.
Il sentore è che l'ex primula rossa si porterà nella tomba i suoi segreti, che potrebbero inguaiare il cosiddetto «terzo livello» di cui parlava Falcone, ovvero la gente titolata, i rappresentanti delle istituzioni, finanche gente in divisa, che hanno favorito e coperto i 30 anni di latitanza di cui si sa poco, solo che gli ultimi due li ha vissuti a Campobello di Mazara, nel Trapanese. «Che collabori lo speriamo tutti, ma nessuno può saperlo ha detto il procuratore generale al termine dell'udienza - È depositario di conoscenze sulla stagione stragista del '92 e '94 ancora oggi non sondate e sconosciute da altri collaboratori per il rapporto stretto che aveva con Riina. Messina Denaro è uno dei mandanti delle stragi del '92, ma anche uno di quelli che già nella fase iniziale aveva messo mano a questo progetto, con la missione romana del '92 dove addirittura è protagonista materiale insieme a Graviano e agli altri».
Patti ha anche parlato dell'arresto, messo in discussione da ipotesi su una probabile trattativa e auto-consegna del padrino: «Il momento dell'arresto - ha detto - è un momento che abbiamo accolto con soddisfazione.
È il coronamento di sforzi che l'autorità giudiziaria palermitana e le forze dell'ordine hanno per decenni dedicato e le circostanze dell'arresto possono sembrare banali, ma dietro c'è un lavoro e una professionalità che secondo me non devono essere minimamente messe in discussione con discorsi dietrologici che lasciano il tempo che trovano».
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