«Il Ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco, perché di buona famiglia. Anche questa è violenza, violenza di Stato». È un attacco diretto a Matteo Salvini quello che la sorella di Giulia Cecchettin, Elena, lancia con una storia su Instagram, poche ore dopo l'arresto di Filippo Turetta. Infiammano il suo dolore le parole pronunciate dal vicepremier: «Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita».
La reazione della giovane induce Salvini a precisare: «Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili - di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale - castrazione chimica e galera. Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano e ci seguano finalmente anche altri. Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a me e a tutti». Ma da dove nasce l'attacco a Salvini? Elena nelle ultime ore ha dato sfogo al dolore condividendo su Instagram diversi post contro la piaga del femminicidio, tra cui anche uno di Carlotta Vagnoli, attivista femminista, nel quale si ricorda che la Lega «insieme a FdI, che però ha scelto l'astensione, a maggio ha votato contrariamente alla ratificazione della convenzione di Istanbul». Vagnoli si riferisce all'adesione dell'Ue alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. Le votazioni riguardavano una prima risoluzione che si occupava dell'adesione alla Convenzione nel settore pubblico e una seconda sulla cooperazione giudiziaria e sull'asilo. «Così - conclude Elena, citando l'attivista -, nel caso voleste altri motivi per comprendere quanto il femminicidio sia un omicidio di Stato». Vagnoli pochi giorni fa aveva firmato con altri duecento intellettuali e attivisti una lettera alla Rai contro la trasmissione di Nunzia De Girolamo che aveva ospitato della ragazza vittima dello stupro di Palermo, accusando il programma di spettacolarizzazione e di pronografia del dolore. Ed è la stessa che, quando Meloni ad agosto 2022 aveva postato il video di uno stupro di avvenuto a Piacenza, aveva scritto post come questo: «Tenete le vostre mani fasciste lontano dalle survivor. E Giorgia, donna, mamma, cristiana: agli abbracci noi ti rispondiamo con gli sputi». E ancora: «Giorgia, donna, mamma, cristiana e sciacalli fascista pubblica il video di uno stupro sui social per fare propaganda. Chissà quanti like vale una vita umana. Nello specifico: chissà quanti like vale la vita di una donna». Di recente ha criticato ancora la premier dopo la scelta di separarsi dal compagno: «Qui non siamo davanti a una liberazione femminista della Presidente - come ho amaramente letto un po' troppo in giro - Qui siamo davanti alla volontà di arginare un danno d'immagine e di dare un chiaro segnale politico () non c'è niente di femminista». E sul noto spot dell'Esselunga che racconta una storia di genitori separati, commentava così: «Lo spot si inserisce in un contesto filogovernativo ben preciso.
Alcune aziende () stanno attivando delle iniziative mirate a ricostruire una solida immagine della famiglia tradizionale tramite una serie di collaborazioni con il Ministero della famiglia, natalità e pari opportunità».
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