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La tentazione che serpeggia tra i 5S: "Conte non è più insostituibile"

Nel bel mezzo della crisi, tra i parlamentari grillini, inizia a trapelare il dubbio che Giuseppe Conte non sia più intoccabile. Anzi...

La tentazione che serpeggia tra i 5S: "Conte non è più insostituibile"

La soluzione della crisi di governo resta ancora un'incognita, ma qualsiasi essa sia lacererà ancor di più il M5S. Tra i parlamentari grillini inizia a trapelare il dubbio che Giuseppe Conte non sia più insostituibile.

Proprio oggi i pentastellati si sono sentiti in dovere di rinnovare la fiducia nei loro ministri ed esponenti di governo: "Non vi è alcun bisogno di alzare barricate a loro difesa perché, contrariamente a quanto affermato da alcuni media, nessuno è sacrificabile sull'altare di presunti interessi che nulla hanno a che fare con i bisogni dei cittadini italiani”, si legge in un post pubblicato su Facebook. E ancora: “Tutti sono invece chiamati a impegnarsi con questo governo e il presidente Conte per dare al Paese le risposte necessarie". Un chiarimento apparentemente inutile, dal momento che i grillini, nell'assemblea tenutasi lunedì, avevano confermato il loro appoggio al premier, ma già in quell'occasione erano arrivati i distinguo. La deputata Federica Dieni, segretaria e capogruppo M5S al Copasir, aveva dichiarato:“Se l'unico ostacolo per uscire dalla crisi è il presidente del Consiglio si può pensare di rimuoverlo” e, poi, aveva aggiunto:"Dobbiamo portare a casa il Recovery Plan con estrema urgenza e se Renzi è ossessionato dai nomi tanto da far cadere il governo, come extrema ratio si potrebbe pensare di fornire a Italia viva un altro nome del Movimento 5 Stelle come premier". Un concetto ribadito anche in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Dubbio, dal titolo “Neanche Conte è intoccabile”. Anche altri parlamentari come Cosimo Adelizzi si sarebbe detto contrario a legare il destino della legislatura al nome di Conte, mentre la senatrice Laura Granato, intervistata dall'Adnkronos, ha dichiarato (salvo poi pubblicare su Twitter una smentita d'ufficio) che“Conte va sostenuto se alle spalle c'è un'agenda condivisa” e che sostenerlo incondizionatamente sarebbe un errore.

Insomma, dentro il M5S, i malumori crescono, man mano che il consenso per Conte diminuisce. Un sondaggio del 30 dicembre scorso effettuato da Emg per la Rai attribuisce un misero 37% di fiducia al premier, dietro a Giorgia Meloni, prima col 40%. Di fronte a questi numeri e all'eventualità che il M5S possa finire all'opposizione o che vi sia un ritorno alle urne è chiaro che Conte diventa sacrificabile. Ad oggi, stando agli umori raccolti da ilGiornale.it, l'appoggio verso il premier appare incondizionato “ma un domani non si sa”, ci dice un esponente di punta del Movimento. Sullo sfondo c'è sempre la figura di Luigi Di Maio che, al momento, incarna l'anima governista del M5S e lavora da pontiere, senza dar l'idea di voler andare a Palazzo Chigi, ma ovviamente ben pochi grillini si opporrebbero se fosse lui il successore di Conte. Poi c'è Alessandro Di Battista che non è mai stato un fervente sostenitore del governo col Pd, ma ora pare aver assunto una posizione più moderata. “Sono responsabile di quel che dico - che, tra l'altro coincide sempre con quel che penso - non lo sono delle elucubrazioni di alcuni giornalisti che prima di attribuirmi pensieri ed opinioni dovrebbero, quantomeno, avere la decenza di parlare con me”, ha chiarito 'Dibba' pochi giorni fa parlando con l’Adnkronos e smentendo le ricostruzioni che lo vedrebbero favorevole al ritorno alle urne e a una deroga alla regola grillina dei due mandati in caso di voto anticipato. La sensazione è che il gruppo pentastellato di Palazzo Madama non sia più monolitico e che assomigli sempre più a una scheggia impazzita. È lì che la maggioranza ha i numeri più risicati e i 4-5 senatori vicini alle posizioni di Di Battista sono decisivi per le sorti dell'esecutivo.

La partita si gioca attorno ai 209 miliardari del Recovery Fund che nessuno vuole perdere. La maggioranza e lo stesso Matteo Renzi, ci spiegano i ben informati, si sono incartati, anche se la soluzione era a portata di mano. In estate era tutto pronto per il rimpasto e si conoscevano anche i nomi dei ministri che avrebbero dovuto lasciare i propri dicasteri (Catalfo, Lamorgese e De Micheli) e persino quelli dei loro sostituti (Orlando, Del Rio e Boschi), ma poi non se n'è fatto più nulla.

Conte ha difeso i suoi ministri dicendo che erano i migliori al mondo e, ora, teme di andare al Colle a rassegnare le dimissioni perché ha paura che Renzi ponga il veto sul suo nome. E, se lo facesse, al di là delle smentite ufficiali, non troverebbe più un M5S pronto a immolarsi per difendere 'l'avvocato del popolo'.

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