Il sospetto dei carabinieri Sono i custodi di Pompei a fare crollare le domus

Giovedì un altro muro si è sbriciolato "da solo". Il sovrintendente: "No al ricatto dei sindacati"

Il sospetto dei carabinieri Sono i custodi di Pompei a fare crollare le domus

Uno dei carabinieri che indagano sul micro-crollo di giovedì scorso a Pompei (una manciata di pietre staccatasi dalla Casa del Pressorio di Terracotta) sorride e dice al Giornale: «Nel corso degli anni di situazioni simili ne abbiamo viste tante, sono cedimenti strutturali piuttosto sospetti». Ma cosa significa «sospetti»? «Significa che muro e intonaci potrebbero essere venuti giù non per causa naturali o legati ad elementi atmosferici». Sta affermando che a dare una «spintarella decisiva» potrebbe essere stata una «manina»? «E le mani ce le hanno solo gli uomini». Anche gli ipersindacalizzati custodi degli scavi pompeiani hanno le mani... «Infatti stiamo indagando pure su di loro. La zona dove è avvenuto l'incidente è inibita al pubblico e accessibile solo al personale interno. Di più non posso dire...».

Ma perché dipendenti pagati per proteggere uno dei siti archeologici più affascinanti del mondo, dovrebbero danneggiarlo? La possibile risposta si cela nella trincea della guerra di posizione che da tre anni anima il conflitto tra un sovrintendente «tosto» come Massimo Osanna e un sindacalista «granitico» come Antonio Pepe.

Da una parte della barricata Osanna - stimatissimo (in primis dal ministro della Cultura, Dario Franceschini) docente lucano - dal momento del suo insediamento a Pompei nel 2014 ha cercato di ottimizzare con piglio manageriale un ambiente dove la frase più amata era: «vivi e lascia vivere»; dall'altra parte della barricata Pepe - amatissimo «masaniello» in perenne lotta per i diritti dei custodi - non si stanca mai di denunciare una «pianta organica insufficiente per garantire la piena sicurezza e operatività degli scavi». Un braccio di ferro dagli esiti alterni, ma che spesso ha premiato il professor Osanna, unanimemente considerato l'«uomo giusto al posto giusto». Il sovrintendente è laureato in Archeologia ma non ha nulla a che fare con gli «archeologici» sovrintendenti che lo hanno preceduto. Osanna non accetta i compromessi, figuriamoci i «ricatti». Sì, i «ricatti»: è proprio questo il termine usato da Osanna in una intervista al Mattino di Napoli e che, dal suo staff, confermano al Giornale. «Hanno provato a ricattarmi - le parole durissime di Osanna -, ma io non cedo a questo tipo di pressioni, altrimenti dovrei cambiare lavoro». Ma di cambiare lavoro Osanna non ci pensa affatto, anche a costo di dare battaglia in tribunale ai sindacati che lo hanno denunciato per abuso d'ufficio. La «colpa» di Osanna? Aver consentito l'apertura al pubblico degli scavi nonostante un'assemblea sindacale il cui orario era stato prolungato proprio per bloccare l'afflusso dei turisti. Il sovrintendente conferma: «Due piccoli sindacati autonomi hanno provato a dirmi: o fai quello che ti diciamo noi, o ti chiudiamo gli scavi. Non hanno gradito un mio ordine di servizio con il quale ho accorpato due uffici. In uno l'impiegato addetto (anche lui sindacalista, ndr) era spesso assente, e le pratiche marcivano, nell'altro l'impiegato lavorava regolarmente. Adesso che l'ufficio è unico, tutto funziona bene».

E la denuncia per abuso d'ufficio? «Mi hanno denunciato perché voglio tenere gli scavi sempre più aperti e disponibili per progetti di grande richiamo culturale».

Insomma, Osanna - agli occhi dei sindacati - è colpevole di aver evitato l'ennesima figuraccia al cospetto dei turisti provenienti da mezzo mondo. Era già accaduto più volte anche in passato, con Osanna impegnato in prima persona ad aprire i cancelli del sito durante l'ennesima «assemblea sindacale» e a chiedere scusa ai visitatori rimasti per ora in attesa che l'assemblea avesse termine. Guarda caso anche in quelle occasioni, all'indomani delle coraggiose prese di posizione di Osanna, i muri di qualche domus si sbriciolarono misteriosamente.

Il Giornale fu il primo a denunciarlo con un'inchiesta che fece arrabbiare non poco i sindacati. Il nostro titolo era infatti: «Altro crollo a Pompei. Sospetti sui custodi». Il giorno dopo arrivò la replica indignata dei custodi: «Noi lavoriamo solo per il bene degli scavi di Pompei. E lo facciamo con spirito di abnegazione e in condizioni di estremo disagio perché dovremmo essere molti di più, come sanno benissimo sia il sovrintendente Osanna sia il ministro Franceschini». Lo stesso Franceschini che, all'indomani della nostra inchiesta, si affrettò a dire: «Crolli pilotati? A me non risulta, si tratta solo di coincidenze...». «Coincidenze» che negli anni sono proseguite, tanto da risultare decisamente sospette. Dopo l'ultimo episodio della Casa del Pressorio, il giallo delle «manine» che buttano giù le domus (guarda caso sempre quelle al di fuori del raggio di azione delle telecamere di videosorveglianza) è tornato ad essere d'attualità. E anche in i carabinieri sono tornati a indagare.

Intanto, il mitico sindacalista «masaniello» Pepe rispedisce al mittente ogni maldicenza: «Noi, artefici dei micro-crolli delle domus? Chi lo dice o è in malafede o è un ignorante. Nel senso che ignora che, se volessimo, saremmo in grado di causare danni ben maggiori di quelli dello sbriciolamento di un muretto. La verità è invece che grazie al nostro impegno gli scavi sono un posto sicuro visitato da milioni di turisti».

Gli stessi turisti che la prossima prima domenica di febbraio rischiano, ancora una volta di rimanere fuori dai cancelli del sito archeologico. Motivo? La solita assemblea sindacale, fissata - ovviamente - in concomitanza con l'ingresso del pubblico. Il sovrintendente Osanna è già pronto a chiedere nuovamente scusa a chi rimarrà fuori dai cancelli.

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