S&P cambia idea: "Il Pil dell'Italia crescerà dell'1%". Migliora l'Eurozona

L'agenzia di rating: "Nessuna recessione e le prospettive sono più luminose delle attese". Bene anche il lavoro e aumentano i contratti a tempo indeterminato

S&P cambia idea: "Il Pil dell'Italia crescerà dell'1%". Migliora l'Eurozona
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La «spannometria» applicata alle previsioni macroeconomiche sta diventando un classico dell'orrore, tipo i calzini bianchi indossati con i sandali. Benché ben tollerata da Aristotele, l'approssimazione c'entra poco con i numeri: eppure, in quel continuo declinare di stime che scandisce le stagioni, ci viene di continuo propinata.

Adesso, tocca a Eurostat e a Standard&Poor's correggere il tiro e confessare un eccesso di pessimismo. Bruxelles ha cancellato con un tratto di penna contabile la recessione tecnica dell'eurozona certificata poco più di un mese fa, poiché il Pil nel primo trimestre risulta ora da encefalogramma piatto rispetto al -0,1% indicato l'8 giugno scorso. Fa ammenda anche S&P nei confronti dell'Italia, verso cui aveva arricciato il naso nell'aprile scorso prevedendo una crescita 2023 limitata a un modesto 0,4%, nonostante la conferma del rating (BBB) e il mantenimento dell'outlook stabile. Ora viene invece prospettata un'espansione dell'1%, allineata agli obiettivi del governo di Giorgia Meloni, e si sottolinea come l'eventualità di una contrazione economica sia uscita dai radar. «Anche nel mezzo di un indebolimento del ciclo economico, non ci aspettiamo che l'Italia cada in una profonda recessione e le prospettive di medio termine sono più luminose dei precedenti rallentamenti», scrive l'agenzia di rating. Che, tuttavia, evita di entrare nel merito, omettendo i motivi che hanno indotto la revisione al rialzo delle stime.

Non si tratta di un dettaglio marginale, visto che le cause di fondo (inflazione e inasprimento delle condizioni del credito), cioè proprio quelle che avevano determinato la previsione primaverile, non si sono dissolte. Anzi: se è vero che il carovita si è attenuato, pur restando su livelli elevati tali da continuare a comprimere il potere d'acquisto delle famiglie, l'accesso a mutui e prestiti si è fatto più complicato a causa dei rialzi ai tassi decisi dalla Bce. Ma S&P non sembra curarsene, considerando piuttosto la stretta monetaria come un'opportunità per il sistema bancario, capace di scansare «un significativo deterioramento della qualità degli asset» e di aumentare la redditività. «Prevediamo che il reddito netto da interessi aumenterà del 25% nel 2023, probabilmente superiore all'aumento delle perdite su crediti». Le sofferenze non sono quindi un problema per l'agenzia Usa. Il fenomeno è invece attentamente monitorato dalla Bce tanto che la presidente Christine Lagarde ha sollecitato le banche a rinegoziare i contratti. Anche se in Italia la ricontrattazione è un campo disseminato di paletti, perché possibile solo a patto di soddisfare quattro requisiti: Isee sotto i 35mila euro; mutuo non superiore ai 200mila euro; versamento delle rate; prestito a tasso indicizzato.

La resilienza italiana va quindi rintracciata nella tenuta del tessuto imprenditoriale. L'andamento del mercato del lavoro è in genere una spia che non tradisce lo stato di salute delle aziende. Ebbene, secondo l'Inps nei primi quattro mesi del '23 sono stati attivati 2.650.621 nuovi contratti di lavoro, mentre ne sono cessati 2.036.309 con un saldo positivo di 614.312 contratti. E con un leggero colpo al precariato: il saldo dei contratti a tempo indeterminato è positivo per 250.252 contratti, superiore ai 191.489 dello stesso periodo del 2022. Cifre che dovrebbero sostenere la crescita, rendendo più agevole il lavoro del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti (in foto).

Soprattutto se il governo non accumulerà ritardi nell'uso dei fondi del Pnrr. Proprio ciò che S&P rimprovera a Roma: «Alla fine del 2022 la Spagna e l'Italia hanno utilizzato rispettivamente solo il 10% e il 20% delle risorse disponibili».

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