"Spegnere la Fiamma", ma Fdi frena

Ciriani: "Arriverà il momento di toglierla". I big però non ne sentono la necessità

"Spegnere la Fiamma", ma Fdi frena
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Era il dicembre 2012 quando Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto fondarono Fratelli d'Italia. Nei primi due anni il simbolo prevedeva solo il nome del partito e un cordone tricolore. Due anni più tardi, nel 2014, FdI ottenne dalla Fondazione Alleanza Nazionale il simbolo storico e la Fiamma, simbolo che venne incluso in un cerchio all'interno di quello di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni parlò di un passaggio necessario a «riunificare una comunità» e di un «ritorno alla vera vocazione di An come partito-polo».

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, non ultimo l'ingresso nella famiglia europea dei Conservatori, ma la riflessione sulla necessità di tagliare o meno il legame con il simbolo storico della destra italiana è sempre viva e riemerge periodicamente. L'ultimo colpo viene battuto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che si dice possibilista al riguardo. «Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti, cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la Fiamma, arriverà il momento in cui la toglieremo dal simbolo. Magari non sarà presto ma arriverà. Ma per scelta nostra, e non certo perché qualcuno ce lo impone» dice Ciriani parlando con Il Foglio. «La Fiamma è stata la mia giovinezza, per quel simbolo ci saremmo buttati sul fuoco ma a un ragazzo di adesso non gliene importa nulla. È giusto così e lo posso capire».

Nel partito non c'è una posizione univoca e molti fanno capire che c'è una certa stanchezza rispetto a chi vede nostalgismi ovunque o vuole ancora assegnare patenti di rispettabilità. Tommaso Foti in qualità di capogruppo si rimette a una scelta collegiale. «Mi pare che Ciriani abbia detto una cosa scontata: se si farà, probabilmente lo farà un congresso ma mi pare sia tutto al futuro». Per Giovanni Donzelli «non è all'ordine del giorno». Decisamente contrario un dirigente storico come Fabio Rampelli. «Come dice Meloni, è un simbolo che niente ha a che fare col fascismo ed è adesione alla Repubblica. Quasi il 30% degli italiani ha messo una croce sul nostro simbolo, che contiene la fiamma tricolore, non mi pare che i cittadini si pongano questo problema. Anzi, forse ci scelgono anche perché abbiamo la fiamma, bella ma nemmeno troppo originale. In tanti la usano nel proprio logo. Fratelli d'Italia nasce senza fiamma, poi l'abbiamo recuperata, più per una congiura di alcuni ex colonnelli di An che volevano sabotarci che per convinzione. Ma ora c'è e penso sia logico lasciarla. Nei contenuti poi rappresenta un argine a una visione della società indistinta, eguale, mercatista, anti identitaria, ordo-liberista, materialista. Si tratta della costola sociale del conservatorismo» conclude il vicepresidente della Camera.

Ignazio la Russa, intercettato a Palazzo Madama, se la cava con una battuta: «Anche il mondo finirà prima o poi». Contrario il senatore Roberto Menia. «Credo nel valore dei simboli e in quel simbolo mi riconosco, orgoglioso di una storia di fede e di coraggio che è nella Fiamma tricolore e che personalmente iniziai nel Msi». Il deputato Emanuele Loporfido indica al cronista dell'Adnkronos la spilletta con la Fiamma che porta sul bavero. Ma poi puntualizza che «alla fine di un percorso si potrebbe arrivare a togliere la Fiamma e detto da me che la porto sempre con me come simbolo di appartenenza, vale doppio».

Freddi anche i parlamentari più giovani come Augusta Montaruli. «Ciriani ha detto che non c'è un dibattito e non è urgente». E Carlo Fidanza chiosa: «Se mai si aprirà il dibattito, e personalmente non ne vedo il motivo, lo faremo negli organi di partito e non sui giornali».

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