Lo spettro degli attacchi informatici. Così l'esercito studia la cyber-guerra

Un guasto ha bloccato il mondo. Ma gli hacker russi rappresentano una reale minaccia alla nostra sicurezza

Lo spettro degli attacchi informatici. Così l'esercito studia la cyber-guerra
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Cyberwar, guerra cibernetica. C'è. Esiste davvero. Eppure a volte non ce ne rendiamo conto. Prima dell'invasione russa dell'Ucraina, per esempio, gli hacker di Mosca hanno lanciato migliaia di attacchi contro il nemico. Nessuno lo aveva notato.

Sembravano le solite scaramucce, mentre invece erano l'inizio - invisibile ma inequivocabile - della guerra che di lì a poco sarebbe arrivata.

Il down di Microsoft, che ha mandato in crisi aeroporti, sistemi bancari e borse di tutto il mondo, è stato provocato da un guasto. Cosa sarebbe successo se, invece, si fosse trattato di un attacco in piena regola?

Per capirlo bisogna andare a Roma, al Nono reggimento sicurezza cibernetica Rombo, comandato dal colonnello Pierpaolo Caligari. Un reggimento giovane, nato dalla necessità di fronteggiare le nuove minacce: «Quello cyber - afferma il colonnello - è diventato un vero e proprio terreno di scontro, tant'è che oggi si parla di quinto dominio».

Ma come si agisce concretamente? Basta estrarre il cellulare durante l'esercitazione per rendersi conto che qualcosa non va. Non c'è rete, e non perché non ci sia campo, ma perché si è scelto di eliminare ogni tipo di comunicazione del «nemico». «Tutto è bloccato grazie ad un ambiente protetto che abbiamo creato sfruttando una serie di sistemi che abbiamo integrato per difendere l'ambiente cibernetico e lo spettro elettromagnetico» ci dicono mentre ci accompagnano a vedere altre attrezzature poste nel bagagliaio di un'auto. «All'interno di questa bolla riusciamo a vedere e fare tutto». Ma questo è solo l'inizio. Due droni si alzano in cielo per simulare una battaglia. Entrambi i velivoli dominano l'aria. Ronzano e si muovono, ma ecco che viene accesa la bolla e, in poco tempo, il drone nemico comincia ad abbassarsi. Il suo pilota fa il possibile per cercare di fargli prendere quota ma non c'è nulla da fare.

Il battaglione sicurezza cibernetica rappresenta il cuore pulsante del reggimento. È qui che viene fatto un primo addestramento interno e poi internazionale per garantire la sicurezza delle reti e delle truppe schierate sul terreno. Basta poco, infatti, per subire attacchi potenzialmente devastanti. Per provarlo, viene mostrato un video apparentemente perfetto: si vedono vertici militari e politici che prendono le distanze dagli accordi internazionali e fanno sprofondare il Paese - e tutto l'Occidente - nel caos. Si tratta di un deepfake, un video creato con l'intelligenza artificiale. Una minaccia concreta al giorno d'oggi che potrebbe avere effetti devastanti.

Il cyber è dunque al centro dei nostri giorni.

Tant'è che, durante la sua visita a questo centro, il capo di Stato maggiore dell'Esercito, il generale Carmine Masiello ha evidenziato «l'estrema modernità e attualità delle azioni messe in campo dal personale del reggimento, altamente professionale, competente e appassionato, il cui compito di integrazione e protezione di capacità militari decisive è funzione di vantaggi operativi immediati in un mondo sempre più complesso e competitivo.

Riducendo lo spazio tra le idee e le decisioni, si può dare impulso all'irrinunciabile cambio di passo tecnologico del nostro Esercito».

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