L'ombra della «disinformatia» del Cremlino si allunga anche sulle elezioni presidenziali 2024. Alexander Smirnov, l'ex informatore dell'Fbi che durante la campagna 2020 riferì di presunti legami (e mazzette) tra Joe e Hunter Biden e l'azienda energetica ucraina Burisma, non solo mentì, ma fu anche imbeccato dall'intelligence russa. Lo ha dichiarato lo stesso Smirnov, arrestato la scorsa settimana a Las Vegas, al team di investigatori che fanno capo a David Weiss, il procuratore speciale che sta conducendo le indagini sui presunti reati fiscali commessi da Hunter Biden. Non solo. Secondo i documenti processuali appena depositati presso la Corte distrettuale del Nevada, Smirnov, dopo essersi incontrato lo scorso anno con agenti dell'intelligence russa, ha continuato a «diffondere attivamente nuove bugie che potrebbero avere un impatto sulle elezioni americane».
Le nuove rivelazioni corrodono alla base l'inchiesta che i Repubblicani della Camera stanno ostinatamente conducendo per mettere in stato di accusa il presidente. Secondo le false informazioni fornite all'epoca da Smirnov, che è cittadino israeliano, Joe Biden avrebbe intascato 5 milioni di dollari (altrettanti sarebbero andati al figlio Hunter), in cambio della sua «protezione» a Burisma negli anni in cui cui era vicepresidente. Una vicenda intricata, che ha inquinato la politica Usa negli ultimi anni, al pari delle accuse mai provate di presunti legami col Cremlino, il famoso Russiagate, che nel 2016 vennero lanciate contro Donald Trump e che si trascinarono per buona parte della sua Presidenza.
Nel frattempo,
il fratello del presidente Usa, James Biden, anche lui chiamato in causa dai Repubblicani, in un'audizione al Congresso ha ribadito che Joe Biden «non ha mai avuto interessi diretti o indiretti» negli affari di famiglia.
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