Conto alla rovescia per decidere sulla riapertura delle Regioni. E quelle vicine ovviamente dovranno essere d'accordo sulla reciproca «caduta del muro». Un esempio? La Toscana potrebbe riaprire agli scambi con l'Umbria ma non con l'Emilia Romagna che a sua volta potrebbe aprire al Veneto ma non alla Lombardia. Un puzzle, un sudoku dei movimenti che oltretutto non è chiarissimo quanto sia garantito visto che il via libera agli spostamenti è condizionato dai dati sull'andamento dell'epidemia, dati che abbiamo capito essere a volte incompleti a volte in ritardo a volte entrambi.
Nonostante le incertezze sui dati il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ieri ha confermato che «il criterio per la riapertura sarà il numero dei contagi» precisando che se ci fosse una valutazione di rischio alto «si prenderà il tempo che serve». Tra «mercoledì, giovedì e venerdì il ministro della Salute, Speranza, farà le sue valutazioni e poi ci sarà un consiglio dei ministri per un'ultima valutazione sulla mobilità tra le regioni», ha concluso Boccia.
Dunque il 3 giugno riapriranno i confini soltanto le Regioni con un rischio di contagio «basso» un parametro che potrebbe mettere a rischio il via libera per la Lombardia. I bollettini della settimana che si apre saranno quelli determinanti. A confermarlo è il viceministro all'Interno, Matteo Mauri, Pd. «Verso martedì o mercoledì ci saranno i dati per metterci nelle condizioni, e mettere nelle condizioni i presidenti di Regione, di decidere se ci sarà l'apertura o meno - dice Mauri - Usiamo la matematica, tiriamo la riga e in funzione di quello apriamo gli spostamenti tra tutte le Regioni o ritardiamone qualcuna». In questi mesi per la verità affidarsi soltanto alla matematica non è stato sufficiente ed infatti anche Mauri insiste comunque sulla necessità di mantenere comportamenti prudenti. Grandissima cautela nel «gestire il passaggio di spostamento tra Regioni: bisogna evitare che ci sia troppa disomogeneità tra i territori». Le decisioni andranno prese sulla base di «parametri molto precisi». E se qualche Regione non li rispetterà potrà intervenire lo Stato. «Bisogna evitare che una Regione dica che si può uscire ed entrare da quel territorio senza che la Regione di fianco sia d'accordo», avverte Mauri.
Posizioni che non ricalcano esattamente quelle del viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, M5s, che si dice contrario a un «blocco da Regione a Regione». Per Sileri occorre fare un caso a parte soltanto per la Lombardia, il territorio più colpito dai contagi. «Dobbiamo dividere l'Italia in due parti principali- dice Sileri- c'è la Lombardia che è un caso a parte, perché li è avvenuto un vero tsunami, e le altre Regioni dove il virus non è arrivato e che quindi devono essere preservate da focolai che possono partire e andare, diciamo da sé, contagiando molte persone». Il viceministro però si dice fiducioso. «Dai dati io mi aspettavo qualcosa di peggio: a dire il vero sono molto ottimista. Credo che andando avanti così torneremo a una vita normale, con nuove regole, ma verso il normale», aggiunge Sileri.
Insomma l'idea è quella di riaprire tra Regioni che abbiano un basso livello di contagio che però è molto variabile specialmente dove l'epidemia non è così diffusa. Se la piattaforma è ridotta, pochi contagi lo fanno scattare in alto. A ieri i dati riportati dai ricercatori della Bicocca che sono in continuo aggiornamento segnalano un indice Rzero pericolosamente vicino all'1 in Sicilia, in Lombardia e nel Lazio.
Ma questo dato da solo non basta a definire il rischio che guarda anche alla capacità di risposta delle regioni: i posti letto di terapia intensiva occupati, il personale sanitario, il numero dei tamponi effettuati giornalmente.
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